Il percorso dello schema di regolamento in materia di blocco della contrattazione sembra avere ormai segnato.
Se si eccettuano le osservazioni contrarie (del tutto prevedibili e scontate) della Commissione Cultura del Senato tutti gli altri pareri sono andati finora in un’unica direzione e cioè verso l’accettazione del blocco, che molti parlamentari intervenuti nei dibattiti ufficiali hanno definito doloroso ed eccezionale ma anche del tutto inevitabile.
Sotto l’aspetto procedurale restano alcuni punti oscuri: la Commissione Affari Costituzionali del Senato che avrebbe dovuto esprimere entro il 7 giugno il parere definitivo da trasmettere al Governo non ha portato a termine il proprio compito, anche se va detto che l’argomento dovrebbe essere messo nuovamente in discussione nei prossimi giorni (ma, 20 giorni fa, nel corso dell’ultima seduta della Commissione il relatore aveva proposto un parere “non ostativo”).
Ma c’è un’altra questione ancora più grave che sta emergendo.
Se si legge con attenzione il parere espresso qualche giorno fa dalla Commissione Bilancio del Senato si scopre che se anche il Regolamento venisse approvato mancherebbero ancora all’appello 30milioni di euro rispetto ai risparmi previsti dal decreto legge 78 del 2010 da cui ha origine il regolamento stesso. Il fatto è che tale decreto conteneva una norma (la riduzione degli stipendi pubblici superiori ai 90mila euro) che è stata considerata illegittima dalla Corte Costituzionale.
E quindi gli stipendi superiori ai 90mila euro vanno erogati per intero; costo dell’operazione: 30milioni di euro.
Una parte di questi stipendi (si può ragionevolmente ipotizzare pari a non meno di un terzo e corrispondenti quindi a 10-12 milioni di euro) riguarda anche i super-dirigenti del MIUR.
Il problema è semplice: come recuperare la somma?
Le norme in vigore sono chiare: si applica la clausola di salvaguardia e cioè si riduco le spese dei ministeri. Nella scuola c’è però sempre il “tesoretto” derivante dai tagli del Piano programmatico del 2008 il cui 30% dovrebbe essere reinvestito nella scuola. E se il MEF e la Ragioneria Generale dello Stato dicessero che per garantire gli stipendi del superdirigenti del Miur si devono utilizzare i risparmi derivanti dai tagli ?
La conseguenza sarebbe paradossale: gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale verrebbero pagati con il blocco degli stipendi di tutto il comparto scuola e grazie al licenziamento di decine di migliaia di precari.
Se così fosse…. ma non andiamo avanti, perché ogni commento sarebbe decisamente inutile.
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