Normale, scrive Il Sole 24 Ore, che in tempi di spending review quello della scuola sia uno dei comparti più sottoposti a possibili tagli alla spesa, anche se, dopo i tagli del triennio gelminiano, 2008-2011, la scuola abbia già abbondantemente dato.
Il personale della scuola e dell’università è sceso rispettivamente del 10,9 e del 9,4%, quasi del doppio rispetto alla media del pubblico impiego (-5,6%) e ancor più rispetto a settori come Ssn (-1,3%) o forze armate (-2,3%).
A fronte di una stazionarietà della popolazione scolastica iscritta alla scuola statale, nel quinquennio 2007/08-2012/13 gli insegnanti sono diminuiti di nove punti percentuali (da 843mila a 766mila unità), ma il cui numero complessivo rimane in ogni caso fra i più “nutriti” a livello mondiale, almeno per quanto riguarda il rapporto studenti/insegnanti: l’Italia (fonte: Education at a Glance, 2013) è sotto i livelli Ocse (e ancora più lontana rispetto a Paesi come Germania, Francia o Inghilterra) sia per quanto riguarda la scuola elementare (11,7 studenti per docente contro una media di 15,4) sia relativamente a medie (11,5 contro 13,3) e superiori. Eccetto quella dell’infanzia (+1%), tagli del 10% hanno colpito indistintamente ogni ordine di scuola, penalizzando più i contratti a tempo determinato (-25%) che quelli a tempo indeterminato (-6%). Si è scelto, cioè, di far pesare i tagli sulle giovani leve. Una decisione che rischia di avere conseguenze negative nel lungo periodo: secondo recenti dati Ocse, ad avere più di 50 anni è il 47,6% dei docenti della scuola primaria, il 61% di quella secondaria inferiore e il 62,5% di quella superiore.
Una presunta razionalizzazione che però non ha comportato una maggiore efficienza del sistema scolastico, mentre i tagli non hanno portato a un miglioramento di produttività e di efficienza del sistema, come dimostrano gli ultimi dati Ocse-Pisa sull’apprendimento dei ragazzi: l’Italia fatica a rimuovere le criticità che zavorrano il sistema.
Una di queste zavorre, dice Gavosto, riguarda il sistema nazionale di valutazione, che continua a restare solo sulla carta.
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