Categorie: Didattica

I temi degli studenti 2.0? Né corsivo né narrazione

E infatti scrivono in stampatello e sono sintetici e telegrafici, e soprattutto nella narrazione cominciano dalla fine, saltando la ricostruzione e l’argomentazione degli eventi, per “merito” di una comunicazione fatta a colpi di slogan e tweet.

A fotografare alcune caratteristiche della “scrittura 2.0” è Luciano Massi, docente di grafologia generale all’università di Urbino, sentito dall’Adnkronos.

Dal punto di vista della forma l’elemento più evidente è “la maggiore prevalenza dello stampatello rispetto al corsivo”, spiega il grafologo Luciano Massi, convinto che su questo punto ci sia “a livello educativo un modello scolastico troppo permissivista. Sicuramente in passato c’era troppa rigidità, basti pensare ai vecchi dettati di bella scrittura, ma – sostiene – i ragazzi imparavano a scrivere, salvo poi liberarsi dalle prescrizioni rigide e seguire la loro natura. Oggi invece a scuola non c’è più la stessa sensibilità nell’insegnare a scrivere bene”.

“La grafia del resto è come impronta digitale – spiega ancora il grafologo, esperto anche in perizie giudiziarie – e si presta poco a generalizzazioni, ma si può notare l’aumento di una cattiva scrittura che a volte sconfina nella disgrafia, handicap che può avere conseguenze negative sullo sviluppo dei ragazzi. Uno degli assunti che trova d’accordo i grafologi infatti – sottolinea – è che la scrittura è il nostro ritratto e per avere una buona identità e immagine di se stessi bisogna avere un buon rapporto con lo scrivere.

Per fare un esempio pratico, “una lettera che è cambiata rispetto al passato è la b, che prima di scriveva come una elle con il gambino rovesciato, oggi invece i ragazzi la fanno come quella del computer”.

Tutto ciò complica il lavoro dei grafologi rispetto al passato: “prima era più facile analizzare, interpretare e stendere una perizia sulla grafia di un ragazzo. Oggi serve maggiore prudenza – spiega – e bisogna essere bravi a capire quanto c’è di cattiva educazione allo scrivere e quanto una brutta scrittura nasconde problemi caratteriali o psicologi”.

Pasquale Almirante

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