Secondo i dati diffusi dal Miur, 6 istituti su 10 avrebbero adottato il registro elettronico, anche se è assai probabile che dall’analisi dell’evoluzione della scuola emerge come sia più massiccia la digitalizzazione del registro del professore, mentre per il registro di classe, nel quale vengono registrate assenze e presenze, in buona parte degli istituti sopravvive ancora la doppia versione, quella cartacea e quella digitale.
Secondo Il Sole 24 ore, per la digitalizzazione nel 2015 era previsto lo stanziamento di una prima tranche da 90 milioni di euro, nell’ambito del Piano nazionale digitale previsto dalla riforma della “Buona Scuola”, negli anni successivi gli investimenti dovrebbero essere pari a 30 milioni di euro, mentre la diffusione del registro elettronico dipende anche, ovviamente, dalla dotazione informatica degli istituti, dal numero dei pc o tablet disponibili e dalla connessione al web, che non è omogenea a livello nazionale.
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Tuttavia l’accoglienza del processo di digitalizzazione scolastica è stata variegata sia fra gli insegnanti sia fra i genitori, mentre stenta quella tanto auspicata più diretta e veloce partecipazione della famiglia alla vita scolastica.
Resterebbero delle perplessità sull’uso che della tecnologia gli insegnanti, le famiglie e gli alunni riusciranno a fare, con la scommessa di riuscire creare un nuovo modello formativo.
I ragazzi, da parte loro, hanno già prodotto gli anticorpi: come si legge sui social network, danno password errate ai genitori, le cambiano a loro insaputa, presentano screenshot stampati con i voti di compagni che vanno meglio.
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