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I vescovi ammettono il calo adesioni all’ora di religione: erosione lenta, ma costante

“Un’erosione lenta, ma costante”: così la Conferenza episcopale italiana definisce la riduzione delle percentuali di adesione all’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica. A differenza del passato non vengono citati numeri, ma proposte importanti indicazioni su come invertire una tendenza che comincia a preoccupare.
Nell’aprile 2007, ad esempio, i vescovi italiani giudicavano ancora l’adesione degli studenti all’ora di religione un fatto altamente positivo: le alte percentuali di studenti che si avvalevano dell’insegnamento (pari al 91,6% dei frequentanti, mentre nel 2005 erano il 91,8%),rappresentavano per la Cei una chiara testimonianzache genitori e studenti ritengono che esso possa aiutare a una corretta conoscenza della fede in Cristo e a maturare una personalità in grado di comprendere i processi culturali in atto, in un momento in cui si assiste anche in Italia a un rinnovato interesse nei confronti delle religioni”.
Alcuni organi ed associazioni laiche hanno più volte messo in dubbio i numeri trionfalistici, emessi dai vescovi, sugli studenti interessati alla religione: il Ministero della Pubblica Istruzione, dal canto suo, avrebbe potuto fare chiarezza, ma non ha mai messo in dubbio o rettificato le cifre.
A distanza di poco più di un anno, è la stessa Cei però ad ammettere che il problema esiste. L’andamento ormai tendenzialmente negativo delle adesioni all’insegnamento della religione cattolica a scuola è un dato di fatto e il declino si registrerebbe soprattutto in due realtà: nelle grandi città e nella scuola secondaria superiore.
Nel comunicato finale dell’ultima assemblea generale i vescovi rompono gli indugi e parlano apertamente di “costante erosione delle percentuali di adesione”. Il tutto avviene, tra l’altro, “ciò nonostante l’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, ridisegnato dagli accordi concordatari del 1984, abbia brillantemente superato la prova del tempo e goda la fiducia della gran parte delle famiglie e degli studenti italiani“.
Dati di fondo che però non fanno perdere di vista la realtà. L’ora di religione sconta, per i vescovi italiani, “due difficoltà oggettive: la sostanziale irrilevanza delle attività alternative e le penalizzanti modalità di valutazione, che di fatto collocano questo insegnamento in una condizione di debolezza e marginalità”. I vescovi auspicano un’inversione di tendenza e sperano che alcuni accorgimenti, anche normativi, presto possano “promuovere l’Irc nella sua piena collocazione scolastica e come approccio in chiave culturale alla fede, senza snaturarne la portata religiosa”.
Il mancato affiancamento integrale alle altre materie curricolari non è però l’unica emergenza: per i vescovi un’altra è costituita dalla riduzione sempre maggiore di sacerdoti dietro la cattedra. “La crescita dei laici nel corpo docente – sottolinea la Cei – se da un lato ne ha accresciuto il livello professionale, non deve dall’altro condurre alla totale scomparsa di sacerdoti insegnanti, soprattutto all’interno della scuola secondaria superiore“.
Molti problemi, sostengono sempre i vescovi, si risolverebbero allineandosi alla maggior parte dei Paesi europei. Rilevando che “contrariamente a un’opinione largamente diffusa, l’insegnamento della religione costituisce in Europa la regola e non l’eccezione“. La stessa Cei ricorda infatti che “il contesto europeo rafforza pertanto l’immagine di un Irc pienamente inserito nella scuola“. Se ci si ferma a riflettere, però, è curioso che proprio in Italia, dove si colloca lo Stato del Vaticano, si debba parlare di calo di iscrizioni; mentre in altri Paesi, tradizionalmente meno cattolici, il fenomeno di distacco dall’ora di religione sembrerebbe più attenuato.
Alessandro Giuliani

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