Lo scritto di Antonio Valentino, titolato “La verità, vi prego, sul PTOF”, messo in rete il primo di novembre, richiama la visione del mondo descritto in Flatlandia.
Il quadrato, abitante del mondo a due dimensioni, quando una sfera interseca il suo universo, non è in grado di percepire la natura del solido: lo vede come una circonferenza che si allarga .. si restringe .. sparisce.
Lo scritto è originato dalla questione: “Si acuiscono – i dubbi, maturati negli anni, rispetto al senso, oltre che alla elaborazione del Piano dell’Offerta Formativa e alle pratiche ad esso legate.
Ma vale veramente la pena continuare a insistere su questo strumento, considerati anche i costi, in rapporto ai benefici, probabilmente realizzabili con misure meno dispendiose? “.
E’ corretto proporre l’abolizione di uno strumento, in base all’analisi costi/benefici, senza aver ricercato le cause della sua inefficacia?
Il Piano dell’Offerta Formativa è stato introdotto dal decreto sull’autonomia delle istituzioni scolastiche del 1999.
L’art. 1 della norma fornisce la chiave interpretativa della disposizione; la ratio è esplicitata: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana”.
Il POF, l’autonomia didattica, l’autonomia organizzativa, l’autonomia di ricerca e sviluppo, le reti di scuole sono modalità operative. Le loro dinamiche sono funzionali al senso ultimo della disposizione: “Lo sviluppo della persona umana”. Problema affrontato, elaborato, risolto e compendiato nel T.U. del 1994.
Carica di significato è la successione degli articoli del D.Lgs.
Inizialmente si affronta l’insegnamento, poi il loro coordinamento, successivamente la programmazione dell’azione educativa, infine l’elaborazione e l’adozione degli indirizzi generali.
Ne scaturisce la classica piramide decisionale: al vertice è collocata la funzione strategica “formazione”, sovraintende il rapporto scuola società. Il Consiglio di Istituto ha la responsabilità di definire l’Output di sistema esprimendolo sotto forma di competenze generali.
Sottordinato al Consiglio appare il Collegio dei docenti che identifica le capacità sottese alle competenze generali, ipotizza percorsi d’apprendimento, “valuta periodicamente” l’efficacia del proprio agire “proponendo opportune misure per il miglioramento dell’attività scolastica”.
Il Consiglio di Classe copre il successivo livello gerarchico: ha il compito di orientare tutti gli insegnamenti ai traguardi del Collegio, ipotizzando percorsi adatti alla tipologia delle classi.
I singoli docenti sono gli esecutori del piano: predispongono e gestiscono “occasioni d’apprendimento” per conseguire sia gli obiettivi collegialmente individuati, sia per trasmettere una corretta e ricca immagine della disciplina di pertinenza.
La struttura descritta riempie di significato i termini “educazione”, “formazione”, “istruzione”, sostanza dell’autonomia scolastica, fondamento del Piano dell’Offerta Formativa.
Quante scuole hanno scomposto in sottoproblemi, raffinando, l’oggetto del mandato ricevuto (sviluppo della persona umana) e hanno elaborato il PTOF seguendo il dettato della legge?
Gli organigrammi che le scuole hanno esposto in rete forniscono informazioni sul quesito posto: nessuna scuola ha agito correttamente. Tutte le strutture decisionali pubblicate sono concettualmente sbagliate e illegittime (CFR. D.Lgs 27 ottobre 2009, n. 150 Dirigenza pubblica Art. 37).
Lo spazio bidimensionale non è idoneo a rappresentare la situazione: confusione e ingovernabilità discendono dalla sua adozione.
Solo lo spazio tridimensionale può trasmettere una corretta e efficace immagine delle dinamiche decisionali.
Enrico Maranzana
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