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I voti sono necessari? Il nostro modello scolastico e la lezione di Don Milani

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Don Lorenzo Milani, nella lettera ai cappellani militari, scriveva: “L’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni”. E’ una frase che racchiude l’idea educativa del prete fiorentino: saper distinguere il bene dal male, elaborarne le specifiche, non delegare a terzi la loro definizione.

Un indirizzo che, trasferito nel mondo scolastico contemporaneo, conduce al superamento del tradizionale rapporto medico-paziente e, in particolare, all’abbandono dello strumento “voto” che, in ultima analisi, implica l’ubbidienza. Nella scuola di Barbiana gli studenti possedevano l’origine e il senso del loro lavoro: l’insegnamento era un cammino comune e la collaborazione la sua caratteristica principale. Don Lorenzo vigilava per evitare inciampi e forniva le informazioni utili.

Si tratta del modello scolastico che la legge presuppone, dal 1974:

il Collegio dei docenti: “Valuta periodicamente l’andamento complessivo dell’azione didattica per verificarne l’efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati, proponendo, ove necessario, opportune misure per il miglioramento dell’attività scolastica”.
Il Consiglio di Circolo/d’Istituto, che definisce i “Criteri generali per la programmazione educativa”, indica al Collegio dei docenti i criteri e le forme per l’esercizio del controllo: la determinazione degli scostamenti tra obiettivi e risultati è essenziale per governare i processi d’apprendimento.

La rigorosa applicazione delle norme sopra riportate avrebbe modificato significativamente sia la vita della scuola, sia la funzione docente; metodologie didattiche attive avrebbero limitato il ricorso alle classiche tecniche di trasmissione delle conoscenze.

Due sono i vincoli previsti, cui la progettazione dei docenti deve sottostare. Il primo riguarda la promozione delle capacità, che le competenze generali veicolano; il secondo attiene alla trasmissione di una precisa immagine della disciplina di pertinenza, che le competenze specifiche fanno trasparire.

Nitida appare la scena scolastica che ne sarebbe derivata: sarebbero state elaborate risposte al dinamismo della società e la scuola sarebbe ristrutturata per fronteggiare la perdita del ruolo d’agenzia formativa primaria. La strategia elaborata dal legislatore, infatti, prefigura flessibilità e capacità di adattamento, tratti essenziali per ridare il prestigio perduto sia all’istituzione, sia al lavoro del docente.

Enrico Maranzana