Il termine teoria è sostanzialmente diverso dal termine teorema.
Il primo si basa su una serie di ipotesi che hanno lo scopo di spiegare e formulare principi su base scientifica, il secondo invece è un’affermazione matematica che segue logicamente da un insieme di assiomi.
Quella esposta dal prof. Andrea Ichino, in un articolo pubblicato qualche giorno fa sul Corriere della Sera on line, secondo la quale i docenti lavorano poco e quindi vengono pagati poco, è una semplice teoria, che potrebbe essere condizionata da una scelta ipotetica completamente sbagliata.
Infatti l’ipotesi per cui i docenti lavorano poco, e non sarebbero stati neppure reclutati tra i laureati migliori, è completamente priva di ogni fondamento. Come è ingeneroso affermare che la responsabilità dei modesti risultati dei nostri ragazzi, rilevati attraverso i dati Ocse esaminati dal Rapporto del Forum “Idee per la crescita”, è la naturale conseguenza del fatto che i nostri docenti lavorano poco, vengono pagati poco e sono per giunta laureati di seconda o addirittura terza classe.
Sulla base di questo presumibile errore, basato su un’ipotesi azzardata, la conseguenza della teoria del prof.Ichino, per cui, al docente che lavora poco, è normale che venga corrisposta una retribuzione adeguata al suo modesto impiego orario, si può concludere che la sua teoria poggia su basi inconsistenti. Vorremmo provare a contrappore alle traballanti teorie dell’econometrista bocconiano, più che una teoria, basata su ipotesi discutibili, un più semplice e conciso teorema, che affermi il contrario di quanto sostenuto dal prof. Ichino.
Quale sarebbe l’enunciato di questo teorema?
“I docenti lavorano molto, spesso in situazioni di totale svantaggio, quindi è giusto che vengano retribuiti adeguatamente”.
Sull’ipotesi che i docenti lavorino molto, possiamo asserire, senza timore di essere smentiti, che è un dato oggettivo, facilmente riscontrabile. Ad esempio un docente di scuola secondaria, oltre le 18 ore settimanali di servizio in classe, deve adempiere ad alcuni obblighi aggiuntivi di attività funzionale all’insegnamento.
Queste attività sono di due tipologie, quelle individuali come ad esempio la preparazione delle lezioni, la preparazione delle verifiche, la correzione degli elaborati scritti, il tempo da dedicare ai rapporti individuali con le famiglie, e quelle collegiali, che tra collegi dei docenti, attività di programmazione e colloqui con le famiglie per l’informazione degli esiti degli scrutini, impegnano il docente per 40 ore annue, poi ci sono i consigli di classe per cui sono previste altre 40 ore annue, in più ogni docente deve garantire la sua presenza, al fine di una collegialità perfetta, in sede di scrutini intermedi e finali.
Sbaglia chi pensa che il lavoro del docente si limiti soltanto al lavoro di lezione, esiste un lavoro sommerso, forse invisibile, che non è precisamente quantificabile, ma è sicuramente impegnativo e dispendioso, come per esempio è quello della correzione degli elaborati che portano via diversi pomeriggi di lavoro.
Tutto questo lavoro è svolto, molto spesso, in situazioni di totale svantaggio. Di quale svantaggio parliamo? Strutture scolastiche fatiscenti, che a volte cadono a pezzi, dove mancano le più elementari norme sulla sicurezza, classi stracolme di alunni, dette “classi pollaio”, dove a volte i troviamo anche studenti diversamente abili o che avrebbero bisogno di percorsi educativi speciali, scuole dove mancano gli strumenti di nuova tecnologia, ma anche la carta e dove i docenti non hanno la disponibilità nemmeno di fare una fotocopia. Questa è la fotografia reale della scuola italiana, dove i docenti, eroicamente e con grande spirito deontologico, lavorano tanto, spesso in situazioni di totale svantaggio ed è quindi giusto che vengano retribuiti adeguatamente.
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