Una sentenza che suscita generale sconcerto. È quella depositata l’8 luglio scorso dalla Corte di Cassazione che ha riconosciuto il pagamento dell’Ici agli istituti scolastici del territorio gestiti da enti religiosi
Olà, sembra sia stata presa la Bastiglia! E io – aspettando di leggere i contenuti della sentenza – mi domando: “Avendo la famiglia Italiana il dovere e il diritto “naturale “ e “positivo” di istruire i propri figli, non ne segue, con altrettanta forza, un dovere dello Stato Italiano di garantirlo?
Al di là dei cinguettii di Twitter, bisognerebbe riflettere seriamente.
“Giova notare – rileva l’insigne giurista Della Torre – come nella Costituzione il principio di sussidiarietà, in genere piuttosto sotteso che esplicitamente affermato, è invece chiaramente posto in evidenza proprio nella disciplina giuridica della famiglia, nel senso che configura
a) un dovere dello Stato di creare le condizioni che permettano alla famiglia di perseguire le proprie finalità e b) la previsione di un intervento da parte dello Stato, sostitutivo della famiglia solo nei casi di incapacità di quest’ultima a provvedere a se stessa e alla prole.
Ciò vale per il disposto dell’art. 30 laddove, riconosciuto che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli (primo comma), si precisa che nei casi di incapacità dei genitori la legge provvede a che siano assolti i loro compiti (secondo comma); ma ciò vale per la più generale previsione secondo cui la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi (art. 31).
Disposizione dalla quale si evince con evidenza che la famiglia, società naturale, ha compiti suoi propri, rispetto ai quali lo Stato non ha poteri di sostituzione, limitando ogni suo intervento al doveroso impegno nella creazione delle condizioni più favorevoli perché la famiglia possa essere se stessa, adempiendo pienamente ai compiti che sono suoi propri.”
Risulta dunque che il diritto della famiglia ha come strumento il dovere dello Stato di permettergli di agire in libertà. Eppure la realtà ci racconta tutta un’altra storia…
E’ noto che a ogni diritto corrisponde un dovere. Il cittadino ha il dovere di crescere e definire la propria personalità, e per farlo ha anche bisogno della scuola; quindi il cittadino ha diritto a scegliersi la scuola. Un diritto inviolabile che l’art. 2 della Costituzione (quello che ne imposta, per così dire, tutta la struttura) garantisce: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”.
Il cittadino comune legge questo testo, poi osserva la realtà e si smarrisce, entra in crisi. Dunque, o il dettato costituzionale va applicato o ne stracciamo le pagine e con esse cancelliamo la memoria di chi ha dato la vita per renderci liberi.
Attualissimo, al proposito, il discorso di Lazzati del 3 aprile 1981: “E se il diritto, come dicevamo, è un diritto che ha come fondamento il dovere di crescere e il formarsi del cittadino al servizio della Res-Publica, il che non si realizza senza una scuola, allora evidentemente fondamento di questo diritto è che egli adempia a questo dovere sociale. Se poi questo diritto non si riferisce soltanto al cittadino maturo, allora entra in gioco il diritto dei genitori alla scelta della scuola, fondato sul dovere sociale di provvedere all’educazione e all’istruzione dei propri figli.”
E’ evidente che siamo in presenza di una precisa consonanza tra l’art. 2 e l’art. 30 che recita: “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”. Questo dovere diritto dei genitori a istruire ed educare i figli evidentemente si concretizza anche nel diritto alla scelta della scuola.
Un genitore responsabile del proprio ruolo per la crescita dei figli ha il “dovere” di pensare a trovare la scuola adatta per loro. A questo dovere corrisponde il diritto di poter scegliere liberamente tale scuola. Recita infatti l’art. 31 della Costituzione: “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.”
Un testo fin troppo chiaro: favorire gli istituti necessari a tale scopo non vuol dire infatti obbligare tutti a fare quanto lo Stato vuole, ma significa: favorire gli istituti che permettano ai genitori di adempiere al proprio dovere diritto di provvedere liberamente all’istruzione e all’educazione dei figli.
In realtà, dietro queste affermazioni un poco astratte, stanno problemi molto concreti. Quelli della scuola paritaria, della famiglia che non può ancora scegliere, dei continui attacchi al pluralismo educativo. Tutto ciò crea una situazione di discriminazione tra chi può permettersi il diritto di scelta e chi no.
La responsabilità di questo non ricade sulle spalle di coloro che gestiscono scuole paritarie, ma su chi non riconosce alla scuola paritaria il suo diritto come servizio pubblico. Questo schiacciare la libertà di scelta della scuola, è dimenticare che la scuola nasce dalla libertà per la libertà. Uno Stato non può chiamarsi autenticamente democratico se non rispetta la libertà della scuola; se non rispetta questo diritto fondamentale del cittadino alla libera scelta della scuola.
Pertanto la questione è ben più ampia e va oltre l’Ici da far pagare agli istituti dei preti e delle suore, anche se questa tassa è un ulteriore grave peso posto sulle spalle delle scuole pubbliche paritarie e delle famiglie che già pagano le tasse anche per la scuola. Fosse davvero così semplice, fosse davvero solo economico il problema, se non ci fossero di mezzo sacrosanti ideali e doveri sociali, questi – preti e suore – non avrebbero altro da fare forse anche di meno logorante?
In realtà continuiamo ad assistere ad attacchi contro il diritto dell’individuo di determinarsi e di scegliere. La dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo recita: “I genitori hanno diritto di priorità nella scelta dell’istruzione da impartire ai loro figli”. Ma scegliere fra cosa? Per scegliere occorrono più possibilità…
Assistiamo a un’eliminazione sistematica contra legem della possibilità per la famiglia di scegliere la scuola pubblica paritaria che di diritto e di fatto fa parte del sistema scolastico di istruzione. Se si vuole continuare con tutto ciò e ci si rivolge a famiglie che hanno pagato le tasse, allora si faccia una dichiarazione pubblica, chiara, autorevole nei seguenti termini:
“In Italia, a differenza di tutti Paesi europei, la Famiglia NON ha il diritto di scegliere liberamente come educare i propri figli, contro ogni garanzia costituzionale, patti internazionali, risoluzioni e richiami vari dell’Europa. Di conseguenza in Italia le massime Autorità giuridiche e istituzionali, inclusa la Magistratura, intendono – disattendendo le sopracitate garanzie – proporre una scuola unica di Stato, con un’unica identità precostituita, affinché, sul modello dei migliori regimi dittatoriali della storia, che hanno in primis blindato l’istruzione, il cittadino dimentichi i diritti fondamentali che lo Stato dovrebbe riconoscere e attuare.”
E non si risponda, per giustificarsi, citando ancora l’emendamento Corbino secondo il quale lo Stato non può spendere i soldi per le scuole private (e le scuole libere), camuffando così la reale intenzione di impedire la libertà della scuola, della quale si ha paura.
Sono stati pubblicati fiumi di inchiostro – anche da questa penna – sulle ragioni della libertà di scelta educativa in un pluralismo educativo. Di fronte agli ultimi eventi occorre chiedere a chi ha ragioni migliori di esporle con chiarezza, con argomenti altrettanto chiari e incontrovertibili. La famiglia italiana aspetta fiduciosa una risposta. Seria.
Io/Noi non arretreremo di un millimetro, e c’impegneremo strenuamente per completare il sistema scolastico italiano affinché sia, attraverso il costo standard per studente, un Sistema scolastico Integrato. Europa docet.
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