Iea-Timss: ottimi risultati per la scuola primaria
Dai risultati dell’indagine internazionale Timss (Trend in international mathematics and science study) risulta che la scuola primaria italiana gode di ottima salute!
L’edizione 2007 della ricerca Iea ha coinvolto 425.000 studenti di 59 Paesi sugli apprendimenti in matematica e scienze degli alunni al quarto e all’ottavo anno di scolarità (in Italia, quindi, il riferimento riguarda la quarta classe della scuola primaria e la terza classe delle secondaria di primo grado).
Gli scolari della quarta elementare ottengono risultati superiori alla media Timss (che si attesta a 500 nella scala di valutazione) sia in matematica (507) che in scienze (535), disciplina quest’ultima in cui si registra un’assoluta eccellenza visto che il risultato è inferiore soltanto a quello di quattro Paesi asiatici.
Ma non solo: oltre a ottenere buoni risultati nel confronto internazionale, la scuola primaria fa registrare miglioramenti sulle rilevazioni effettuate in anni precedenti. In scienze il punteggio medio nella quarta classe della primaria è aumentato di circa 20 punti rispetto all’indagine del 2003 (le rilevazioni sono effettuate ogni quattro anni): un incremento tra i più notevoli fra quelli registrati nei Paesi coinvolti.
Un altro elemento molto significativo su cui riflettere è quello relativo all’omogeneità dei risultati in alcune delle aree geografiche: se il Nord-Est, che include Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, si distingue qualitativamente (come, peraltro, in altre indagini relative a differenti segmenti dei percorsi di studio), per quanto concerne la quarta classe della scuola primaria le tre macro aree Nord-Ovest, Centro e Sud hanno ottenuto punteggi molto simili, particolarmente elevati in scienze. Ricordiamo che, invece, nell’ultima indagine Ocse-Pisa, che si riferisce a studenti di età diversa (quindicenni), si registrava una forte disomogeneità a livello territoriale. Peraltro, l’indagine Timss si differenzia da quella Ocse-Pisa non soltanto per impianto metodologico ma anche per numero e tipologia delle Nazioni partecipanti.
Passando ad analizzare i dati delle performance degli alunni della terza classe della scuola secondaria di I grado il quadro per l’Italia purtroppo cambia. I risultati sono inferiori a quelli della media Timss: il punteggio in scienze è solo marginalmente più basso (495) ma quello relativo alla matematica (480) si discosta sensibilmente rispetto alla media e ancora di più nel confronto con gran parte dei Paesi europei che hanno partecipato all’indagine. Soltanto la macro area del Nord-Est ottiene in matematica, all’ottavo anno di scolarità, un risultato di alcuni punti superiore alla media Timss, pur condividendo con le altre macro-aree la tendenza generale ad un abbassamento dei punteggi, in termini relativi, nel passaggio dalla scuola elementare a quella media.
I dati, in realtà, non hanno avuto una gran cassa di risonanza, nonostante la loro diffusione (da parte della Iea lo scorso 9 dicembre) sia coincisa in pratica con “l’ufficializzazione” della riforma della scuola primaria italiana, che partirà dal prossimo anno scolastico.
Ma sono ovviamente in molti a chiedersi perché la modifica degli ordinamenti scolastici sia iniziata proprio da quel segmento di istruzione che rappresenta la “parte migliore” della nostra scuola. Ancor di più: che bisogno c’era di cambiare la scuola elementare, il cui assetto pedagogico e didattico funziona, come conferma anche l’indagine Timss?
Se poi la volontà di cambiare è legata a strategie di risparmio – tagliando gli organici con l’azzeramento del “modulo” (tre insegnanti su due classi) e l’istituzione del maestro “unico” o “prevalente” (francamente, a parte l’opzione delle 40 ore del tempo pieno, che impegnerà due insegnanti, i due aggettivi sembrano coincidere, visto che già adesso sono previsti gli insegnanti di religione e di inglese) – allora occorreva dirlo con franchezza senza parlare di esigenze “pedagogiche” né di “sprechi” per un’organizzazione modulare che ha dimostrato di funzionare. I dati della recente indagine, che dimostra il buon livello internazionale della nostra scuola primaria, danno forza a chi sostiene che l’alternanza di più docenti in uno stesso gruppo classe contribuisce a favorisce lo sviluppo delle conoscenze degli alunni. Insomma, un modello da valorizzare viene invece accantonato.