Questo concetto rappresenta una delle novità chiaramente espresse nel fascicolo del Governo. Chiariamo che per reti il documento intende aggregazioni stabili e formalizzate, tra istituti che operano in un medesimo territorio o in territori lontani ma legati da un comune intento. Esistono anche le reti informali, ad esempio nei social network, ma in questo caso si parla d’altro.
Una rete stabile e ben organizzata favorisce la valorizzazione delle eccellenze professionali presenti nel territorio. Funziona come un centro di servizi, riesce ad offrire consulenza e ausilio amministrativo, didattico e tecnologico, tessendo una trama di auto-mutuo-aiuto, valorizzando e delegando amministrativi e/o docenti particolarmente competenti in servizio nelle istituzioni aderenti. Si creano così piccoli centri di consulenza specifica su tematiche complesse . In questo modo, si ottimizza anche la formazione in servizio: la rete può organizzare percorsi (con l’ausilio di risorse interne o consulenti esterni), finalizzandoli e destinandoli solo ad una parte del personale, che sarà poi di supporto ai colleghi meno esperti.
Questa modalità interessa fortemente docenti ed Ata: la rete favorisce l’aggregazione tra le persone, la conoscenza e la condivisione di buone pratiche, nonché l’interazione tra professionalità eccellenti, e ne facilita una formazione di qualità.
Formazione ed anagrafe delle competenze. Non si può accennare, come fa il documento, al portfolio del docente (con relativo inserimento in un’anagrafe nazionale delle competenze) se non ci si sbilancia sul cambiamento delle regole del gioco. La possibilità di “scegliere la squadra” non necessariamente deve essere affidata al solo dirigente scolastico, ma va prevista. Spesso non si pensa che non è tanto il dirigente, quanto il gruppo di docenti che opera con coscienza e professionalità in una scuola a subire gli effetti di colleghi poco portati all’insegnamento. E’ la squadra stessa a farne le spese.
Ma per questo… alla prossima pillola.
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