È opinione comune tra docenti, precari, sindacati, associazioni e movimenti che la sequela di tagli sulla scuola non avrebbe avuto lo spazio adeguato tra i media: in più occasioni è stato detto che in qualsiasi altro settore lavorativo, pubblico o privato, il licenziamento di decine e decine di migliaia di lavoratori (quasi 150mila in tre anni) avrebbe comportato denunce a ripetizione, servizi televisivi e titoli a nove colonne. Con un sicuro conseguente sollevamento dell’opinione pubblica. La quale, invece, non è stata evidentemente informata in modo adeguato sulla portata della manovra finanziaria imposta dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Non si è andati mai oltre, in pratica, ai pur lodevoli “lampi” provocato dalla tenacia dei precari e dei sindacati più agguerriti.
Quale migliore occasione, allora, che dedicare il 1° maggio alla scuola? Che puntare i riflettori della Festa del Lavoro sul più grande licenziamento di massa degli ultimi decenni? La proposta è giunta il 19 aprile dal gruppo ‘Professione insegnante’, l’associazione dei docenti con fini anche sindacali, attraverso Libero Tassella, uno dei suoi iscritti più rappresentativi: “le organizzazioni sindacali“ farebbero bene e “dedicare questo primo maggio 2010 – ha spiegato Tassella – alla Scuola e alla dismissione scolastica voluta da Berlusconi e Tremonti“.
Secondo l’esponente dell’associazione il vero problema è che la sparizione di quasi 150.000 posti in tre anni “creerà o meglio darà impulso a un importante e parallelo sistema d’istruzione non statale (paritario o privato che sia), che costituirà una grande occasione di affari e, non solo“. A tal proposito, Tassella mette in risalto come la revisione dei corsi serali farà riversare sempre più studenti verso gli istituti privati: i quali non garantiscono proprio la qualità di quelli pubblici. Si tratta di “una gloriosa istituzione pubblica, che aperta anche agli studenti stranieri”, che secondo il rappresentante si vuole “eliminare attraverso un dpr, ora in bozza“facendo “il gioco di quelle che sono le fabbriche dei diplomi senza frequenza, un mercato selvaggio, non controllato, una sorta di porto franco su cui garantisce certa politica“.
Per il rappresentante dell’associazione scolastica il mondo dell’istruzione potrebbe ritrovarsi al centro di determinate “sinergie“, tese a “controllare politicamente il territorio con la vendita dei titoli di studio e la costruzione di reti di relazioni sociali e di consenso“ e a trasformarsi “all’occorrenza in splendide macchine elettorali per il magnate sponsor della scuola“. Ne consegue che “senza una forte opposizione politica, sindacale, civile, culturale, aliena da ogni compromesso – conclude Tassella – questo progetto cinicamente andrà avanti a marce forzate“. A meno che il 1° maggio…