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Il 14 ottobre la scuola francese si ferma per ricordare i due docenti uccisi dal fondamentalismo islamico

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16 ottobre 2020: Samuel Paty, docente di geostoria nella scuola media di Conflans-Sainte-Honorine, piccolo centro della Regione Parigina, è ucciso e poi decapitato da un giovanissimo fondamentalista islamico di origine cecena che lo accusava di avere mostrato ai suoi studenti delle caricature di Maometto.

13 ottobre 2023: Dominique Bernard, docente di lettere in un liceo di Arras, nel nord della Francia, è ucciso a coltellate da un altro giovane anche lui di origine caucasica che in varie occasioni aveva espresso il suo odio per la Francia, i Francesi e l’istituzione scolastica.

Per ricordare le due vittime della violenza assurda e cieca che colpisce a caso, senza ragione – ammesso che la violenza possa avere delle ragioni – la ministra dell’Educazione Nazionale francese, Anne Genetet, ha disposto per oggi, 14 ottobre, un minuto di silenzio in tutte le scuole medie e superiori del Paese.

Come riportato dal quotidiano Le Figaro, la ministra ha anche chiesto agli insegnanti di prevedere degli spazi di discussione e riflessione con gli alunni.

Una riflessione che va alimentata ogni giorno nelle scuole francesi, se si pensa ai risultati di un’inchiesta pubblicata a fine 2023 e realizzata da un importante istituto di sondaggi presso la comunità musulmana francese sul senso della laicità e sul posto che le religioni devono occupare a scuola e nella società: ebbene, l’assassinio del professor Bernard è condannato non dalla totalità ma  dal 78% dei musulmani residenti in Francia e – cosa ancora più inquietante – il 31% degli alunni regolarmente frequentanti in una scuola della Repubblica non esprime un giudizio di condanna netta dell’assassinio.

C’è dunque una bella fetta di ragazzi tra i quali potrebbero potenzialmente allignare sentimenti antifrancesi. Un bel film di Philippe Faucon di una decina d’anni fa– La désintégration – ha raccontato, per l’appunto, una storia di ‘disintegrazione’: un ragazzo apparentemente ben integrato nella società francese, iscritto all’ultimo anno di un Istituto professionale, non riesce a trovare un’azienda che lo assuma per uno stage. Si insinua, in questo momento di fragilità, un reclutatore jihadista che un po’ per volta lo convince che il suo futuro non è in Francia ma nella jihad islamica.

Riflessione continua nelle scuole, dicevamo. Ma da sola, non basta. A situazioni di grande complessità occorrono risposte importanti da parte del Governo francese: provare a ridare vita a quelle banlieue che nel tempo sono diventate dei veri e propri ghetti, senza servizi né spazi di aggregazione; restituire dignità a milioni di persone (sono almeno sei milioni i musulmani in Francia, il 10% circa della popolazione) che percepiscono sulla loro pelle di essere mal sopportate discriminate, maltrattate durante i controlli di polizia. Così, giusto per fare due esempi.

Insomma, tempi lunghi e lavoro faticoso. Ma crediamo siano le uniche strade da seguire per scongiurare altre violenze.