Nella premessa di quel testo si legge che “Omosessuali, lesbiche e transessuali sono fortemente discriminati in tutto il mondo. In almeno ottanta Stati gli atti omosessuali sono condannati dalla legge come atti criminali oppure sono oggetto di persecuzione amministrativa o sociale.
Il nostro Paese non si è ancora dotato di una efficace legge antidiscriminatoria: anzi, la direttiva europea antidiscriminatoria è stata di recente (asseritamente) “recepita” in modo da rendere la discriminazione paradossalmente più agevole di quel che non fosse in precedenza, sulla base di norme più generali; e siamo uno degli ultimi Paesi europei che non ha regolarizzato la condizione di migliaia di coppie gay che vedono quotidianamente negati i propri diritti, soprattutto nei momenti più tragici dell’esistenza. In Italia l’omofobia è palese.
Sono, ormai, tristemente celebri le espressioni volgari e insultanti con cui alcuni Ministri della Repubblica si sono riferiti, nel corso di questa legislatura, agli omosessuali. Tali espressioni sono solo la ‘cartina al tornasole’ di un Paese che vive ancora con difficoltà la piena accettazione dell’omosessualità”.
Verrebbe da dire, e lo dico e scrivo, cosa è cambiato dal 2005 ad oggi? Il 17 maggio del 1990 l’Assemblea generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha eliminato l’omosessualità della lista delle malattie mentali.
L’OMS ha così lanciato un segnale inequivocabile teso al superamento del pregiudizio scientifico e della conseguente discriminazione sociale ai danni di gay, di lesbiche e di transessuali che ne derivava.
Eppure, nonostante ciò, nel 2007, in Polonia, il vice primo ministro nonché Ministro della pubblica istruzione polacco annunciava pubblicamente un progetto di legge destinato a punire la “propaganda omosessuale” nelle scuole, le cui disposizioni volevano il licenziamento, l’imposizione di sanzioni o la detenzione per i responsabili di istituti scolastici, gli insegnanti e gli alunni implicati in casi di “attivismo” a favore dei diritti LGBT nelle scuole, e gli insegnanti che rendevano pubblica la propria omosessualità rischiavano di essere licenziati.
Da ciò arriverà l’intervento da parte del parlamento Europeo, con la risoluzione del 26 aprile 2007 sull’omofobia in Europa e ribadirà “il suo invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell’Unione europea senza discriminazioni”.
Siamo nel 2015, qualche piccolo passo è stato fatto, ciò è innegabile, ma siamo ben lontani dal superamento di pregiudizi, comportamenti razzisti, discriminatori, nei confronti di chi vive, o meglio vorrebbe vivere liberamente, la propria vita in conformità con la propria libera identità. Per non parlare delle tutele giuridiche, inesistenti.
Le scuole sono il luogo più importante dove affrontare tale questione, pensiamo ai POF, di oggi, quanti sono quelli che assicurano l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità di genere, la formazione, la sensibilizzazione contro tutte le discriminazioni e violenze di carattere omotransfobico, al fine di informare e sensibilizzare gli studenti, i docenti ed i genitori sulle dette questioni?
E’ dalle scuole che si deve partire, perché le scuole devono formare i cittadini del futuro, ed è nelle scuole che il contrasto all’omotransfobia, deve trovare la più ampia tutela e cittadinanza, ma non solo a parole, ma con i fatti.
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