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Il 2025 sarà l’anno record di spese militari, mentre caleranno per Scuola, Ricerca e Sanità: petizione Avs per fermare nuovi carri armati e missili

“Servirebbero più risorse per la scuola pubblica e per l’istruzione per garantire il diritto al futuro delle giovani generazioni ma comprano nuovi carri armati: questo Natale niente regali alle industrie militari”: lo dicono Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e Sinistra.

Non corso di un video-appello pubblicato in queste ore sui social, i due esponenti di Avs invitano firmare una petizione on line: nella presentazione dell’iniziativa si sostiene che “il 2025 sarà l’anno record per la spesa militare” e che “con la manovra di Bilancio di quest’anno la spesa per gli armamenti arriverà a quota 32 miliardi, di cui 13 per nuove armi”.

Sempre nella petizione si sostiene che l’aumento di spese di soldi pubblici per le armi “è destinato a salire ancora negli anni a venire. Il Governo Meloni ha detto no al salario minimo, definanzia Scuola, Ricerca e Sanità ma trova ogni volta nuove risorse da spendere in carri armati e missili. Adesso basta”.

In effetti, a ben vedere, dalla Manovra di bilancio 2025 sono arrivati per la scuola davvero pochi finanziamenti e quelli prodotti non si possono certamente definire come ingenti: una decisione, quella di non investire più di tanto nell’Istruzione, che risale anche ai governi passati e che trova terreno fertile nel calo sensibile di nati che sta producendo oltre 100 mila iscritti in meno all’anno nelle nostre scuole pubbliche. Il risultato è che la spesa per l’Istruzione rispetto al Pil, in prospettiva risulta in progressiva riduzione, allontanandosi in questo modo sempre più rispetto alla media europea e dei Paesi Ocse.

Quindi, si chiede ai cittadini di firmare la petizione per chiedere “al Governo Italiano di ridurre la spesa militare e pensare alle vere necessità degli italiani e delle italiane”.

Sabato 7 dicembre, sempre Alleanza Verdi e Sinistra ha organizzato un presidio davanti al ministero dell’Istruzione per opporsi alle scelte del governo Meloni su scuola e università, a partire dai tagli di quasi 8 mila docenti e Ata (anche se quelli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario sono slittati al 2026) e in generale per la mancanza di risorse per l’Istruzione.

Tre le critiche che tutta l’opposizione politica ha fatto a Governo e maggioranza parlamentare c’è anche il blocco parziale del turn over del pubblico impiego (pari al 25% dei pensionamenti) che stavolta toccherà anche la scuola andando ad aumentare quindi le quote di precariato.

E tutto questo accade mentre l’italiano medio, aveva detto sempre Fratoianni, si sta abituando all’idea che “sia normale avere una scuola che non funziona e non svolge il suo ruolo educativo, che sia normale che i docenti siano pagati una miseria, che sia normale avere un trasporto pubblico ridicolo o una sanità che non funziona se non ti rivolgi al privato”.

Alessandro Giuliani

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