Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ”scrittore, ma di professione principe”, autore di uno dei più grandi capolavori del Novecento italiano, Il Gattopardo, moriva a Roma, esattamente 60 anni fa, il 23 luglio 1957.
Il Premio Strega per il suo romanzo fu conferito postumo, solo nel ’59.
Era nato a Palermo il 23 dicembre del 1896, in una famiglia segnata da vocazioni intellettuali (una lontana parentela li legava ai Leopardi), ma anche bizzarre attrazioni per mistero e occulto.
Duca di Palma, Principe di Lampedusa, Barone della Torretta, Grande di Spagna di prima Classe, cresciuto in simbiosi con la madre, ufficiale d’artiglieria catturato dagli Austriaci a Caporetto e un matrimonio fallito con una delle prime donne studiose di psicanalisi, Alexandra Wolff Stomersee, Tomasi di Lampedusa rimase tutta la vita a guida dell’azienda agricola di famiglia e fu presidente regionale della Croce Rossa Italiana in Sicilia.
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Cugino di Lucio Piccolo, il suo Il Gattopardo, diventerà il primo best seller della letteratura italiana, con 100 mila copie vendute, ma anche una delle maggiori sviste della nostra editoria. Lo scrittore cercherà infatti in ogni modo di farlo pubblicare, ma sia Elio Vittorini per Mondadori che Einaudi lo rifiutarono. Uscirà postumo nel’58, grazie a Giorgio Bassani, con Giangiacomo Feltrinelli, vincendo lo Strega nel ’59 e ritrovandosi al centro di uno dei più accesi casi letterari ”politici” del Novecento italiano, accusato, tra l’altro, con miopia di essere un romanzo di ”destra”.
Oggi si legge a scuola, mentre il mondo lo ha conosciuto anche con il volto di Burt Lancaster, in uno dei più bei film di Luchino Visconti