Quasi un bambino italiano ogni tre è obeso o in sovrappeso. E il Covid che ha peggiorato la situazione, perché la permanenza forzata casa ha prodotto un aumento di stress e pure di assunzione di zuccheri e grassi, quasi azzerando l’attività fisica. Nelle ultime settimane la situazione è migliorata. E si guarda al futuro.
Se ne è parlato l’11 giugno, durante la prima festa dell’Educazione alimentare nelle scuole, che ha aperto la stagione estiva delle fattorie didattiche nelle campagne italiane, pronte ad accogliere durante l’estate i bambini “in sicurezza con attività ricreative ed educative a contatto con la natura nei grandi spazi all’aria aperta, nel pieno rispetto delle norme anti Covid”.
Dall’evento è scaturito un impegno concreto del Presidente della Repubblica e del Governo, frutto di un accordo tra il ministero dell’Istruzione e Coldiretti, orientato alla sana alimentazione, alla tutela dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile.
La giornata era iniziata con l’inaugurazione del Capo dello Stato della fattoria didattica nella tenuta presidenziale di Castelporziano, con centinaia di bambini provenienti da tutte le scuole d’Italia. “Per il nostro futuro e per la nostra vita è importante un impegno concreto sull’educazione alimentare”, ha detto Sergio Mattarella.
Anche il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha detto che “l’educazione alimentare è il pilastro della nuova scuola che deve essere fatta di vita insieme; ritrovare l’agricoltura significa ritrovare dei mondi. Insieme ai ministri delle Politiche agricole e della Salute stiamo lavorando per l’educazione alimentare a scuola in maniera continuativa”.
Nello stesso giorno è stato anche sottoscritto il Protocollo d’intesa “Studenti e sport scuola. Condivisioni di obiettivi e azioni congiunte a partire dal Piano Estate 2021”: protagonisti del Protocollo, presso il ministero dell’Istruzione, sono stati il Ministro, Patrizio Bianchi, e dalla sottosegretaria di Stato con delega allo Sport, Valentina Vezzali.
L’abbinamento alimentazione sana e attività motoria, del resto, è decisivo per combattere seriamente la tendenza all’obesità e al sovrappeso: su questo siamo tutti d’accordo. Quello che non è chiaro è il motivo per il quale l’educazione motoria e sportiva debba continuare ad essere affidata ad iniziative nazionali e territoriali più o meno spontanee, legate alla volontà di ogni singola scuola.
Quanto dovremo aspettare ancora per avere l’attività motoria, affidata a docenti specializzati, anche nella scuola primaria? Perché un passaggio così importante per i nostri bambini e per tutta la società continua ad essere affidato alla facoltà delle scuole? Perchè si rimane fermi ai progetti e alle attività facoltative?
Purtroppo l’ultimo disegno di legge sull’insegnamento curricolare dell’educazione motoria nella scuola primaria, il 992, giace nei cassetti del Senato. Nemmeno il M5S, che si era impegnato in più occasione per portarlo a termine, è riuscito nell’impresa di farlo tramutare in legge.
I grillini, del resto, sono in compagnia. Il tentativo è andato a vuoto anche quando ci ha provato l’ex ministro Marco Bussetti, peraltro docente di educazione fisica ed ex giocatore di pallacanestro, anche con il sostegno dell’allora sottosegretario Salvatore Giuliano.
Come pure non c’era riuscita, nel 2013 l’ex campionessa di canoa, nel ruolo di ministro per le Pari opportunità e per lo Sport, Josefa Idem, che aveva caldeggiato l’idea dalla presenza nelle classi della primaria di soli “laureati in scienze motorie”.
Laureati che allo Stato costerebbero non poco. Il conto è presto fatto: nelle oltre 125 mila classi di primaria sparse in tutta Italia si svolgerebbero, quando il progetto dovesse andare a regime, circa 250 mila ore di motoria a settimana (due ore a settimana a classe come disciplina curricolare). Dividendo questo risultato per 22 (le ore settimanali dei docenti di motoria) si otterrebbero oltre 11 mila docenti, quelli che servirebbero allo scopo.
Se si considerano tutti gli oneri fiscali e previdenziali, allo Stato un maestro specializzato costerebbe difficilmente meno di 30 mila euro annui. Ne consegue che gli 11 mila maestri necessari per coprire il servizio tra la prima e la quinta primaria costerebbero quindi una cifra vicina a 340 milioni di euro l’anno.
Una cifra da considerare come un piccolo investimento per uno Stato che vuole il bene dei suoi cittadini e del Paese tutto (si pensi solo, alla lunga, al risparmio in termini di minori patologie legate ad obesità, eccesso di colesterolo e ipertensione).
Una cifra, invece, da considerare evidentemente eccessiva per chi gestisce il Paese con miopia, guardando solo al necessario e all’immediato.
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