Nel 2022, in Italia, il 31% dei giovani tra i 18 e i 24 anni non partecipa ad alcun corso di istruzione o formazione, contro il 20,2% della media europea. Il tasso di partecipazione a attività formali, quelle cioè che rilasciano un titolo di studio o una qualifica professionale, per i giovani in questa fascia di età è, dunque, del 49%: ben 15,3 punti percentuali in meno rispetto a quello medio europeo (64,3%).
Più basso – rispetto a quello europeo – anche il tasso di partecipazione ad attività non formali (42,2% contro il 47,6%). A fotografare la situazione i dati diffusi oggi dall’Istat e riportati da Ansa. L’uscita precoce dal sistema di istruzione nel Sud risulta più frequente che al Nord: tra i 18-24enni, il 13,6% è già uscito da un percorso formativo pur avendo conseguito solo un diploma di scuola secondaria di I grado, quota che nel Nord si attesta a poco più dell’8%. Nel Mezzogiorno è tuttavia più alta, rispetto al Nord, la partecipazione ai corsi formali di istruzione: 8,2% contro il 7%.
Negli ultimi 12 mesi si registra invece che, nella fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni, coloro che sono impegnati in un percorso di istruzione terziaria in Italia sono il 25% al Centro, il 22,3% al Sud e il 20,4% a Nord-est. A pesare sulla possibilità che i giovani escano da un percorso di istruzione e formazione è anche il livello di istruzione dei genitori: se i genitori hanno un diploma di scuola secondaria di I grado il rischio di fuoriuscita è del 24%, mentre cala ad appena il 3% se uno dei genitori possiede un titolo terziario. A frenare la partecipazione ai corsi di formazione sia formali che non formali è, invece, soprattutto l’assenza di motivazione, che si attesta, per la fascia tra i 18 e i 24 anni, al 67,4%: leggermente inferiore alla media europea del 69%.
Anche tra i giovanissimi (18-21 anni) si conferma questo trend. In media, tra i 18-21enni, quasi il 21% non si forma né lavora: nel Mezzogiorno la percentuale sale al 29,8%. La percentuale, invece, di coloro che non si formano è del 27,5% (29,7% dei maschi e il 25,1% delle femmine): di questi meno di un quarto si dichiara occupato. Se si considerano i ragazzi appena più grandi (22-26 anni) la quota di chi non si forma e non lavora scende, invece, al 17,6%, mentre cresce il tasso di quelli che non sono inseriti in alcun percorso formativo (38,3%). Tra i 27 e i 34 anni, invece, non è più in formazione il 54,9%, con una forbice molto ampia tra Nord e Sud (rispettivamente il 50,4% e il 61,5%).
Come abbiamo scritto qualche giorno fa l’istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, INAPP, ha di recente evidenziato come la probabilità di laurearsi sia maggiore se i genitori sono laureati. È del 12% la probabilità di laurearsi se i genitori hanno la licenza media, tra i figli dei laureati è il 75%, oltre il 30% in più dei coetanei di famiglie svantaggiate.
Un ruolo decisivo sembra aver avuto la pandemia: l’incidenza di bambini e ragazzi deprivati tra i figli di non diplomati è aumentata di quasi 5 punti percentuali: da 11,2% del pre-Covid a 10,4% nel 2021.
Altro dato comparativo rilevante In merito ai dati Invalsi, 215 è il punteggio ottenuto in italiano dagli studenti di terza media di condizione socio-economica-culturale alta, ovvero oltre 30 in più dei coetanei di famiglie svantaggiate, 183,7.
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