L’attesa delle famiglie e il desiderio degli studenti di ritornare in classe crescono in maniera inversamente proporzionale al tempo che passa. Si avvicina la data del 7 gennaio, mentre si intrecciano le decisioni e le divergenze di tanti soggetti: Governo, Regioni, Comuni, Uffici scolastici e, con l’ultimo DPCM del 4 dicembre, anche i Prefetti. L’esito, sotto gli occhi di tutti, è l’incertezza.
Servono, invece, soluzioni chiare e praticabili a problemi sul tappeto da mesi ed a tutti noti: una adeguata gestione delle situazioni di contagio, la copertura delle cattedre ancora vacanti, la questione trasporti, un attento equilibrio tra tutela della salute e diritto all’istruzione. Nodi che, oggi, vengono al pettine di una difficile emergenza, ma che hanno radici lontane: il rinvio negli anni dello svolgimento di concorsi per l’assunzione dei docenti, la rinuncia di prorogare al corrente a.s. l’assegnazione delle cattedre ai supplenti già nominati nello scorso anno, i ritardi degli investimenti nell’edilizia scolastica, l’incremento di rigidità burocratiche.
Per individuare soluzioni praticabili ed efficaci è necessario, però, che tutti i soggetti coinvolti non abbiano un approccio ideologico, ma ispirato a principi di realismo. Un affronto ideologico impone scelte centralistiche complicando ed irregimentando la gestione organizzativa delle scuole: doppi turni per evitare possibili assembramenti, quote percentuali di lezione in presenza omogenee per tutte le scuole secondo un astratto principio di equità, ridimensionamento della flessibilità organizzativa e didattica. Un approccio che non investe sul protagonismo attivo e responsabile dei soggetti (in primis dirigenti scolastici, docenti, consigli di istituto) che sanno governare le scuole in dialogo con le realtà territoriali, istituzionali e sociali.
Un approccio realistico guarda, invece, alle scuole, ai loro protagonisti ed alle realtà locali come soggetti capaci di soluzioni creative ed efficaci, sostenendone l’azione. E’ il metodo seguito dai dirigenti scolastici e dalle autonomie scolastiche: lasciarsi interrogare dai problemi, tradurne le indicazioni che emergono, mettere in campo le risorse umane e le soluzioni organizzative più adeguate a far sì che la propria scuola ‘funzioni’. Un’osservazione dei dati ed un realismo che porta a soluzioni praticabili, innovative, spesso condivise in reti di ambito, con uno spirito di fattiva corresponsabilità, assumendo un rischio che guarda al bene concreto degli studenti. E che sa leggere ed interpretare tutte le possibilità presenti nelle pieghe della realtà dei territori, delle consuetudini e delle buone pratiche delle singole scuole.
Usare la giusta preoccupazione della tutela sanitaria come unico criterio può non far vedere le mille sfaccettature della vita delle scuole che chiedono di essere valorizzate: dai bisogni educativi dei ragazzi alle loro aspettative di formazione per costruirsi un futuro, dal desiderio degli adulti di giocarsi in proposte didattiche alla necessità degli alunni di essere, proprio in questa situazione, accompagnati nelle ragioni del vivere, dalle esigenze delle famiglie al bisogno degli studenti di esercitare la primaria esigenza di imparare, come semplicemente essi hanno segnalato con presìdi davanti a molte scuole.
Flessibilità didattico-organizzativa, potenziamento dell’esercizio dell’autonomia scolastica, cooperazione tra soggetti istituzionali e realismo: gli ingredienti per rispondere con soluzioni efficaci e diversificate all’urgenza del momento. Per ripartire in presenza, con fiducia e responsabilità condivisa.
Adelante, con juicio!
Disal (Dirigenti Scuole Autonome e Libere)
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