Come può un insegnante di sostegno aiutare uno studente cieco se non conosce il braille o le metodologie didattiche adeguate a questo tipo di disabilità? A denunciarlo, in un’intervista ad Ofcs.report, è Gianluca Rapisarda, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale di Ricerca, Formazione e Riabilitazione per la disabilità visiva (I.Ri.Fo.R.) dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti.
Dice infatti Rapisarda che “la formazione generalizzata di tutto il personale scolastico sulle singole disabilità, stabilita dal decreto numero 378 non prevede alcun obbligo di osservarla. Attualmente risulta insufficiente la preparazione e la formazione specifica sulla minorazione visiva da parte degli insegnanti specializzati e degli assistenti alla comunicazione. Secondo un’indagine dell’Irifor, ad esempio, è emerso che meno del 50% degli operatori scolastici conosce il Braille, che il 77,7% di loro non possiede competenze tiflodidattiche e tiflopedagogiche e che soltanto il 41,5% dei docenti per il sostegno e degli assistenti ha avuto esperienze pregresse con alunni non vedenti e ipovedenti. Non solo. Nella crescente delega al solo docente specializzato degli studenti con disabilità visiva, appena uno su quattro degli alunni minorati della vista svolge la lezione prevalentemente in classe, mentre più del 13% di essi sono emarginati e ghettizzati nella cosiddetta aula di sostegno”.
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Positivo è invece il giudizio sul mantenimento a 20 alunni delle classi con disabili, anche se “il Decreto non stabilisce l’inderogabilità del numero di 20 alunni per classe in presenza di disabili, prevedendo che ciò avvenga soltanto di norma”.
Rimane qualche ombra, spiega Rapisarda, sulla continuità didattica perché il “neonato Decreto non prevede nulla per contrastare il fatto che più del 40% degli attuali docenti per il sostegno sono supplenti e hanno incarichi precari “in deroga”. Per ovviare bisognerebbe rivedere i criteri degli organici dei docenti specializzati, che dovrebbero poter transitare dal presente organico di fatto a quello di diritto delle scuole e prevedere un serio e strutturale piano di assunzione attraverso appositi concorsi”.
Inoltre, spiega Rapisarda, “lo schema di Decreto del Governo sull’inclusione scolastica è da ritenersi “vecchio” dal punto di vista culturale e pedagogico, in quanto non fa esplicito riferimento all’art 24 della Convenzione ONU del 2006 sui diritti delle persone con disabilità e considera ancora la Didattica inclusiva una prerogativa soltanto degli alunni/studenti con disabilità e non come una preziosa risorsa al servizio dei bisogni educativi di tutti”.
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