Lunedì 9 gennaio tornano sui banchi di scuola oltre otto milioni di studenti e più di un milione di dipendenti tra docenti, Ata e presidi: dopo ben 16-17 giorni di festività natalizie, il ritorno in classe dovrebbe rivelarsi soft. Ma nei giorni successivi l’impegno si prevede più intenso. I dirigenti scolastici, i docenti coinvolti e le segreterie saranno infatti chiamati a lavorare sui cospicui fondi che arriveranno dal Pnrr: spetterà loro gestire i corposi finanziamenti Ue, che alle superiori vanno in media tra i 200 mila e i 300 mila euro considerando i vari progetti per digitalizzare gli istituti e a sostegno dell’orientamento, della lotta alla dispersione e dell’edilizia scolastica.
Le scuole non potranno contare nemmeno sull’organico aggiuntivo, chiesto a gran voce da sindacati e alcuni politici: negli ultimi due anni era stato introdotto per fronteggiare il Covid, mentre quest’anno né il governo Draghi né quello Meloni se la sono sentita di confermarlo.
Considerando che “le attività aggiuntive che comporta il Pnrr sono enormi, stiamo andando incontro a un danno certo”, ha sbottato Marcello Pacifico, presidente dell’Anief.
C’è poi il Covid che continua ad imperversare e anche se coloro che risultano positivi potranno tornare dopo una manciata di giorni di isolamento, continuerà a tenere lontano da scuola una parte non marginale di personale.
Senza dimenticare che ci accingiamo a vivere il periodo clou dell’influenza stagionale, che già a dicembre ha messo ko tantissime persone.
Poi c’è il problema del caro-energia, che ha portato in diverse scuole ad una riduzione della potenza e dalla durata dei riscaldamenti. Sinora gli effetti negativi sono stati limitati dalle temperature piuttosto miti, rispetto al periodo.
Le previsioni metereologiche ci dicono, però, che dall’11-12 gennaio il freddo comincerà a farsi sentire: in certe regioni (soprattutto al Centro-Nord) diventerà pungente. Ed in molte classi la temperatura potrebbe diventare troppo bassa.
Oltre ai termosifoni “indeboliti”, studenti e docenti dovranno anche continuare a rispettare il protocollo sulle finestre aperte.
Qualche giorno fa nelle scuole di Desio, il Comune in provincia di Monza e Brianza, è stato distribuito nelle scuole un vademecum per promuovere la cultura del risparmio energetico tra gli alunni e il personale: “Per lavorare bene i termosifoni devono essere liberi, non copriteli con oggetti!”, hanno tenuto a dire gli esperti.
Per affrontare il problema, scrive oggi l’Ansa, dal Comune arrivano consigli anche sull’abbigliamento per chi si reca a scuola: “Vestitevi a strati, a cipolla! Per potervi adattare meglio alla temperatura interna delle aule, sia in estate che in inverno”.
Tra i consigli dispensati vi sono anche quelli sul protocollo anti-Covid: “Chiudete la porta delle aule e di tutti. Per cambiare aria non tenete le finestre socchiuse per tempi prolungati, piuttosto spalancatele periodicamente per pochi minuti“.
Il problema, del resto, è più che reale: da un sondaggio svolto nei giorni scorsi da Skuola.net – su un campione di 5.000 alunni delle superiori – risulta che quasi la metà degli intervistati (il 44%) soffre il freddo, parlando di “gelo”, mentre assiste alle lezioni aula.
Un ulteriore 31% non si lamenta più di tanto per il freddo, ma fa presente comunque genericamente la presenza di “disagi in aula”.
Solo il 25% ha detto al portale on line di trovarsi, mentre si trova in classe, in un ambiente gradevole dal punto di vista climatico.
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