Malgrado il blocco del turnover nel pubblico impiego, la scuola nell’ultimo decennio ha fatto registrare un incremento dei posti tra il 2 e il 3%. Ma nello stesso periodo, a seguito delle riforme previdenziali Amato-Forneto, l’età anagrafica media dei docenti e Ata è aumentata di oltre un anno mezzo. I dati sono contenuti in uno studio dell’Osservatorio sui conti pubblici diretto dall’economista Carlo Cottarelli, per anni al Fondo monetario internazionale e poi commissario in Italia per la spendig review.
Dallo studio risulta che vi sono settori “chiave” come la scuola, che rappresenta il 36% de dell’occupazione pubblica, che non solo non hanno subìto tagli ma hanno fatto registrare un aumento dei dipendenti: le assunzioni, in effetti, nella scuola non si sono mai fermate. Anche se va detto che nell’ultimo biennio, a causa dello svuotamento delle GaE e delle graduatorie dei concorsi, la maggior parte delle immissioni in ruolo accordate dal Mef sono andate in fumo.
Nel rapporto, firmato da Raffaela Palomba, risulta che – tra il 2008, quando sono entrate in vigore le prime misure di blocco del turnover, e il 2019 – l’occupazione nella PA è calata di circa 193.000 unità, ossia del 5,6%.
Nel decennio esaminato, il taglio dei dipendenti ha interessato soprattutto i ministeri, le Agenzie fiscali e la Presidenza del Consiglio, che hanno registrato riduzioni rispettivamente del 23% e del 22% e del 20%.
In misura molto minore, la riduzione ha interessato il Servizio sanitario nazionale e il comparto sicurezza (rispettivamente -5,8% e -6,2%).
Nello stesso periodo vi sono invece settori che non sono stati interessati dai tagli alla quantità di personale in servizio, dalla scuola (+2,6%) alla magistratura e i corpi diplomatici, con aumenti del personale di un punto e mezzo, fino agli enti di ricerca, che hanno registrato un +13% frutto soprattutto “delle stabilizzazioni”.
La copertura del turn over ha influito in modo proporzionale sull’aumento dell’età media dei dipendenti statali: dove gli ingressi sono stati più sostenuti, l’età media è aumentata poco (mezzo anno tra magistrati, diplomatici e ricercatori, poco più di un anno e mezzo nella scuola) mentre è salita di quasi 5 anni nelle Agenzie fiscali, nei ministeri e anche nelle amministrazioni locali, che hanno subito una riduzione di personale del 15,4%.
Per via della riduzione avvenuta nei primi quattro anni, quindi fino al 2012, in tutta la Pa il mancato turn over e il contemporaneo aumento dell’età di pensionamento hanno “contribuito a un aumento di circa 4 anni dell’età media”. Una tendenza che, si legge nello studio, si è poi “ridotta sensibilmente nel 2019 per effetto di Quota 100”.
In conclusione, secondo l’Osservatorio sui conti pubblici il blocco del turnover che ha limitato gli ingressi nella pubblica amministrazione ha prodotto “effetti molto più contenuti di quanto talvolta sostenuto” e non ha interessato allo stesso modo tutte le amministrazioni. Con la scuola, quindi, in parziale controtendenza.
Nel comparto i dati aggiornati all’anno scolastico corrente, comunicati alcune settimane fa ai sindacati direttamente dal ministro Patrizio Bianchi, dicono che nelle nostre 8.200 scuole sono in servizio oltre 900 mila insegnanti, di cui 695.262 assunti a tempo indeterminato e circa 213 mila con contratto annuale.
Di questi, ha specificato Bianchi, ben 104 mila sono docenti di sostegno: considerando che oltre 20 mila risultano in organico di diritto, significa che sono diventate più di 80 mila le cattedre in deroga (libere ma assegnate al 30 giugno dell’anno successivo e quindi non utili né alle immissioni in ruolo, né alla mobilità). Un numero altissimo, tanto da far superare abbondantemente la quota dei supplenti su sostegno rispetto ai colleghi di ruolo.
L’età media nella scuola, invece, è quella che preoccupa di più: gli ultimi dati disponibili ci dicono che oltre la metà dei docenti delle scuole primarie e secondarie d’Italia ha più di 50 anni di età contro una media Ue intorno al 36%.
In Italia il 53% è over 50, mentre il 17% ha più di 60 anni. Per trovare un personale docente con un’anzianità prossima alla nostra (ma più bassa) bisogna andare in Lituania (50% sopra i 50 anni), Estonia (49%), Bulgaria (48%), Grecia (47%), Lettonia (46%) e Austria (45%).
Una tendenza confermata pure dalla Corte dei Conti, che con la “Relazione sul costo del lavoro pubblico 2020” approvata dalle Sezioni riunite in sede di controllo dei giudici contabili ha conteggiato l’età dei 3,2 milioni di lavoratori statali: ebbene, quello che risulta è un chiaro innalzamento anagrafico, iniziato nel 2010 (quando l’età media era di 43,5 anni) con il blocco del turn over, che nel volgere di pochi anni ha portato l’età media sopra i 50 anni.
Anche secondo la Commissione europea, nel 2017 oltre la metà (58%) dei docenti della scuola primaria e secondaria aveva più di 50 anni (contro il 37% nell’Ue) e il 17% superava i 60 anni (contro il 9% nell’Ue). Un dato che nell’ultimo periodo non dovrebbe essere cambiato di molto.
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