Com’era prevedibile la “Quota 100” sta facendo boom. Il numero dei pensionandi sarà molto elevato per i requisiti previsti dei 62 anni di età e 38 di contributi. E sono soprattutto le regioni meridionali ad aver presentato più domande di accesso alla pensione.
L’identikit del lavoratore che con la “Quota 100” intende letteralmente fuggire a gambe levate dalla scuola è il docente disamorato, demotivato, deluso, stanco che non ce la fa più ad insegnare ad una generazione di alunni smidollati, apatici, senza regole, che non hanno alcun interesse per lo studio, l’impegno e l’applicazione continua.
Il docente pensionando vuole liberarsi della scuola per godersi la vita, fare viaggi, dedicarsi alla famiglia, ai figli ed eventuali nipoti per gli anni futuri, anche a costo di percepire un assegno pensionistico inferiore, basato sull’effettivo calcolo degli anni di contributi versati. Insomma una fuga dalla scuola che già si preannunciava massiccia.
La scuola, purtroppo, è cambiata, è imbrigliata nelle maglie di una burocrazia asfissiante che l’insegnante vicino all’età della pensione non tollera più, non la sopporta, la rigetta. È necessari, se il pianeta scuola deve continuare a vivere “rifondare la scuola”, darle un’identità che non ha più, che ha perduto e smarrito, perché così com’è concepita ora, con tutte le riforme e riformette che si sono susseguite in questo decennio le hanno fatto perdere il “vero volto” e la vera sostanza.
Bisogna, quindi, lavorare per la forma nuova del mondo dell’istruzione, perché ora ha soltanto un qualcosa di amorfo.
Ecco perché il docente che ha la possibilità ed ha speso una vita per formare intere generazioni di giovani, vede in faccia la realtà amara dei una scuola senza “forma” e decide di tirare i remi in barca e andarsene in pensione, consapevole com’è di percepire un assegno pensionistico ridotto.
Mario Bocola
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