Burnout, il “bombardamento acustico”, costituisce la classica scoperta dell’acqua calda.
E’ sufficiente frequentare una delle tante aule, rese invivibili e a basso tasso di formazione. Il rimedio è semplice. Basta volerlo.
Burnout, il “bombardamento acustico”
Una ricerca dell’accademia svedese, ma applicabile anche al nostro contesto educativo, riporta i seguenti dati, pubblicati sul portale di “tecnicadellascuola.it
“I risultati sono chiari: tra le maestre intervistate (4.718 donne), il 71% ha sperimentato l’affaticamento uditivo indotto dal suono, rendendole per esempio incapaci di ascoltare la radio dopo una giornata di lavoro. Quasi la metà, il 46%, ha avuto problemi a comprendere parole, mentre il 39% ha affermato che almeno una volta alla settimana ha avvertito disagio o dolore fisico alle orecchie causate da rumori di tutti i giorni che non erano necessariamente forti. Le conclusioni dei ricercatori sono inevitabili… “Tuttavia, “a differenza del rumore causato dalle macchine in un ambiente industriale che si può attutire, i ricercatori precisano come i bambini debbano essere comunque ascoltati anche se l’udito arriva a subire duri colpi”.
La causa? Semplice, facile! La soluzione altrettanto…
Come ho scritto sopra, i risultati non sarebbero molto diversi, se si analizzassero i nostri contesti scolastici. Aule affollate, “inzeppate” di alunni e studenti in spazi ai limiti di legge (D.M. 18.12.75), dove regnano il rumore, il chiasso e qualche volta le urla. Aule lontane dal profilo di “ambienti educativi di apprendimento”. Aule che hanno subìto un aggiornamento, un cambiamento dal mantra del finanzcapitalismo, per il quale conta solo l’ottimizzazione delle risorse, il contenimento dei costi, il risparmio. Tutte balle!
La soluzione? Semplice, abolire le classi pollaio “senza se e senza ma”. In attesa di questo provvedimento, consentiamo agli insegnanti, a tutti gli insegnanti, di lasciare la scuola a 60 anni o a quota 100.
di Gianfranco Scialpi