”Il fenomeno del bullismo nelle scuole è figlio del modello del berlusconismo basato su un’idea di incolumità e spregiudicatezza”: lo sostiene Antonio Di Pietro in un’intervista pubblicata da un settimanale e ripresa nella pagina principale del suo blog.
Ora, che la filosofia del berlusconismo abbia poco a che vedere con l’etica socratica o con quella kantiana è quasi sicuramente vero, ma sostenere che essa sia alla base dei fenomeni di bullismo a scuola ci sembra altrettanto fuori luogo.
Sarebbe come dire che i modesti risultati in italiano nei test Invalsi di gran parte degli studenti italiani sono la conseguenza dell’italiano approssimativo sfoggiato da alcuni parlamentari della maggioranza e dell’opposizione.
O che certe forme linguistiche disinvolte e un po’ volgari che usano i ragazzi (e non sono loro) sono frutto del malcostume che ormai dilaga anche nei talk-show televisivi o in trasmissioni politiche anche più blasonate.
O che le gazzarre che si verificano a volte in alcune aule scolastiche sono forme di imitazione dei dibattiti parlamentari.
Preso dalla foga polemica questa volta l’onorevole Di Pietro sembra aver dimenticato alcuni dati di fatto del tutto inconfutabili.
Di Pietro, per esempio, dimentica che il fenomeno del bullismo non ha storia recente e che già alcuni decenni fa l’argomento era oggetto di studi e ricerche in campo psicologico.
E poi c’è il fatto che il bullismo non è un fenomeno esclusivamente italiano.
Alcune degenerazioni del bullismo (per esempio il nonnismo nelle caserme) erano addirittura considerate dall’opinione pubblica forme inevitabili di “iniziazione” alla vita sociale; ci sono voluti anni (oltre che episodi gravissimi) prima che anche i più alti gradi dell’esercito si rendessero conto che certe forse di nonnismo rappresentano veri e propri reati.
Insomma, ci sembra che la morale della favola sia che sarebbe bene che ciascuno di noi facesse (possibilmente bene) il proprio mestiere: i politici dovrebbero fare i politici (e quindi stare in Parlamento 8 ore al giorno per 5 giorni alla settimana per fare leggi giuste o per migliorare quelle che già ci sono), gli insegnanti dovrebbero insegnare cercando di far imparare cose utili ai loro studenti (e per fortuna moltissimi di loro già lo fanno) e così via.
L’analisi del bullismo sarebbe forse meglio lasciarla fare a psicologi e sociologi.
Ci pare che un politico che si occupa di bullismo ci azzecchi davvero poco.
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