Uno dei primi romanzi che ci viene in mente è “I ragazzi di Via Paal”, scritto nel 1907 da Molnar, dove si racconta la storia di due gruppi di ragazzi di Budapest, due eserciti in cui tutti sono tenenti e capitani, tranne Ernest (Ernst in tedesco significa serio, da cui anche “L’importanza di chiamarsi Ernesto” di Oskar Wilde) che morirà di polmonite per i ripetuti bagni cui viene sottoposto dalla banda avversaria.
Nel Mercante di Venezia, William Shakespeare lancia una filippica contro i giovani che fino a 20 anni dovrebbero non esistere perché portano solo dolori e affanni per la loro esuberanza e il loro non sapersi adeguare alle regole della società.
Emil è un romanzo di Erich Kästner e pure un film dove si narrano le vicende di un’altra banda di ragazzi a Berlino ai primi del “900, mentre nei turbamenti del piccolo Törless di Musil c’è il rifiuto dei valori paragonabile al vuoto “ideologico” e alla noia esistenziale dei giovani dell’ ultimo scorcio del 1800, quello che per le sue vaghezze romantiche in tanti rimpiangono, riportandoci perfino all’”Ospite inquietante” di qualche anno addietro.
E si potrebbe continuare ancora sul vuoto di ideali che ha da sempre accompagnato le giovani generazioni soprattutto nel raffronto con i cosiddetti anziani, una categoria sociale nata da poco ma che prima era chiamata, con più pertinenza, dei vecchi.
Nell’altra opera di Shakespeare, Giulietta e Romeo, i genitori Capuleti e Montecchi, appaiono solo alla fine del dramma e davanti al giudice, mentre tutta la commedia è centrata sulla baldanzosa tracotanza dei ragazzi di Verona, compresa la tragica morte di Mercuzio, cosi come avviene nella trasposizione cinematografica di West side story.
Non erano forse bulli, sia gli amici di Romeo e i suoi avversari, e sia i protagonisti del capolavoro di Arthur Laurents e Leonard Bernstein? Ma si provi a immaginare Romeo, quello che voleva a tutti costi Giulietta, ai giorni nostri, con un videotelefonino in mano, invece della spada, e costretto dai genitori ad andare a scuola. E cosa avrebbe filmato quando si intrufolò nella casa di Giulietta, sfidando l’ira del papà della ragazza? Fornito di un computer e del collegamento Internet avrebbe forse messo in atto anche qualche sconcezza-burla coi suoi amici, da pubblicare successivamente su Youtube?
Ma c’è pure una tradizione orale di bullismo che i più grandi hanno da sempre raccontato ai più piccoli e che è conosciuta assai bene da chi proviene da scuole di periferia. Una tradizione di violenza sottaciuta contro i più deboli e più educati e soprattutto contro i diversi che un tempo venivano relegati o nelle scuole differenziali (chi le ricorda?) o a casa.
La memoria serve anche a ricordare le lotte che insigni pedagogisti hanno fatto per fare uscire dal ghetto i diversamente abili, che prima venivano chiamati subnormali, e farli sedere sui banchi di una normale classe: siamo all’inizio degli anni settanta quando si ingaggiò la lotta per “l’integrazione degli alunni andicappati” a scuola.
E c’è anche una tradizione orale di violenza e di pedofilia che va dalle miniere di zolfo della civiltà terragna della Sicilia al chiuso delle case di tolleranza (qui qualche ragazzino veniva tenuto proprio per il trastullo di danarosi pedofili) e perfino dei casolari di campagna, comprese quelle gentilizie.
Un miscuglio di sopraffazioni descritte perfino nella edizione completa delle Mille e una notte, dove Aladino, appena adolescente, capisce subito le intenzioni concupiscenti del vecchio e scappa.
Non che vogliamo giustificare quanto nel nostro tempo riportano i giornali a proposito di bulli e bullismo, ma più semplicemente vorremmo riflettere sul fatto che alcuni comportamenti prevaricatori risiedono nei meandri più cupi dell’uomo e che ai giorni nostri molto su questo fronte si è fatto, non abbastanza, ma sicuramente più di quanto prima si poteva e si voleva fare.
Un’epoca non lontanissima quando tanta violenza veniva colpevolmente sottaciuta, non denunciata, e nessun mezzo di informazione la divulgava, mentre di essa forse se ne accettava con rassegnazione le conseguenze.
E in questo ambito sicuramente la scuola e la scolarizzazione molto ha inciso, non al suo massimo di possibilità, ma vi ha contribuito tanto.
Il problema allora del bullismo dovrebbe essere storicizzato, anche se indignarsi è d’obbligo, gridare al danno che i più deboli subiscono, ma tutto sta nell’uomo e nel suo lento migliorarsi.
E forse alla base di tutto c’è anche il bisogno di giustizia, di equità, di uguaglianza almeno di fronte alla Legge. E se la certezza della pena fosse garantita con ogni probabilità tanti altri fenomeni gravi che nel tempo hanno accompagnato l’uomo sarebbero già sepolti. Nell’uomo c’è molto, diceva Brecht, facciamo molto dell’uomo. E’ possibile.