Non c’è bisogno di essere sociologi per capire che sulla scuola si è giocata una partita al ribasso e che come istituzione ormai non interessa più a nessuno e in primo luogo alla sinistra, intenta a inseguire la destra sui campi a lei più cari.
E non è vero che le ideologie sono state uccise: i campi dove si dividono le diverse visioni del mondo sono a bella vista, anche se si teme di calpestarli e di appropriarsene.
Il dato certo è che da tempo gira l’idea (ideologia?) che la scuola non serve più a nulla e a niente, né come strumento per trovare lavoro, né come luogo dove si formano le coscienze civiche dei futuri cittadini, né come fonte di conoscenza e di sapere, né come via per interpretare il mondo e quindi gestirlo e, se possibile, miglioralo.
Alla destra infatti della scuola pubblica interessa poco, in coerenza col principio della libertà di educazione, di impresa, di liberismo economico e di aziendalizzazione perfino dei saperi. In ultima analisi le grandi, prestigiose e costosissime scuole private sparse per l’Europa sono sufficienti a formare i giovani figli di una borghesia ricca e spregiudicata.
Ragion per cui, se vengono tolte in un solo colpo 8 miliardi di Euro all’istruzione italiana e di taglio in taglio si riduce la spesa al lumicino, chi ci va di mezzo è sempre quella parte di popolazione che nella scuola vede la sola possibilità che ha per migliorare il proprio stato sociale. Il famoso “ascensore” che rimane al piano terra, dunque.
Basta farci caso, infatti, e si vedrà, come più volte abbiamo scritto, che fra gli attuali partiti politici, sinistra compresa, che si stanno contendendo il Governo della Nazione, nessuno ha programmi credibili, efficaci, coerenti, forti per la scuola italiana.
Il dibattito fra i politici è incentrato sul reddito universale, come panacea di tutti i mali, sulle pensioni, come soluzione della crisi, sulla sicurezza, contro lo straniero “invasore”, e non già sulla scuola che rimane la cenerentola, mentre proprio i giovani italiani dovrebbero pretendere investimenti massicci per fare della rinascita scolastica la prima politica industriale di questo Paese.
Di contro una sinistra, quella che fa riferimento a Gramsci e alla grande tradizione storica e sociale dove attinge la sua forza, dovrebbe combattere “affinché siano i soldi per le istruzione, non quelli per le mancette ai pensionati o per il welfare differito del pubblico impiego, a essere scorporati dai vincoli di bilancio comunitari”.
La scuola di tutti parte da investimenti, non da tagli, e soffermarsi ai bonus per carpire qualche voto non fa bene a nessuno.
Per questo diciamo che la scuola, con tutti le sue evidenti e macroscopiche contraddizioni, dai bullismi alle ignoranze diffuse, è stata messa in un pertugio, come uno strumento arrugginito e di nessuna utilità.
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