Mercoledì scorso Mariastella Gelmini annuncia la pubblicazione sul sito ministeriale dello stato di previsione 2008 del Ministero in relazione ai costi dell’istruzione scolastica nel nostro Paese. Circa 42miloni e mezzo di euro è la spesa per far funzionare la scuola: una cifra alta, certo, ma si deve ricordare che il servizio scolastico riguarda milioni di famiglie e che un Paese all’avanguardia si misura anche da quanto investe su istruzione (e sanità), il cui buon funzionamento dovrebbe essere un impegno fondante e una prerogativa per ogni nazione civile.
Quindi l’imperativo è migliorare il sistema, destinando all’istruzione le risorse necessarie, sforbiciando e contenendo magari le spese di altri comparti.
Invece, per la scuola si prospettano tagli e sacrifici, si lesinano finanziamenti (tranne per quella privata!) e si cerca sempre di risparmiare su un settore che dovrebbe rappresentare il miglior investimento per il futuro del Paese.
Certo, è anche necessario un oculato e corretto utilizzo delle cifre a disposizione. Secondo il Ministro bisognerebbe ridurre la spesa destinata al pagamento degli stipendi del personale.
La Gelmini, con molta enfasi, fa notare che quasi il 97% della somma disponibile (budget, per usare un linguaggio “aziendale” tanto caro al nuovo Ministro, e non solo a lei) viene assorbito dagli stipendi del personale. “Quando la spesa per il personale ha una tale incidenza sul bilancio complessivo del Ministero– afferma Maristella Gelmini –questo significa che la nostra scuola non ha la capacità, se non si interviene strutturalmente, di rinnovarsi e di guardare con serenità al futuro. Dobbiamo assolutamente porre rimedio ad una situazione insostenibile”.
Visto che è difficile pensare di diminuire gli stipendi degli insegnanti italiani (… o no?!), che sono – e si sa bene – tra i più bassi d’Europa (e non è vero che negli altri Paesi i docenti lavorano di più, un luogo comune come tanti altri spacciati per veri), allora appare evidente che il Ministro voglia diminuire la spesa di bilancio sulla voce “stipendi” tagliando posti di lavoro.
Ma i tagli sono già disposti e preventivati, se si tira fuori questa storia del 97% destinato agli stipendi (bella scoperta… dell’acqua calda, si sa da anni che è così) viene il sospetto che le contrazioni di posti per docenti e personale Ata non finiscono qui.
Ministro, ci faccia sapere a quanto vuol portare il rapporto alunni/docenti. Si formeranno classi (peraltro spesso anguste) con 40-50 alunni? Fantastico, questo aiuterebbe ad avere… una scuola di qualità! Diminuiamo le discipline insegnate (o le ore di lezione, eppure da Cortina d’Ampezzo la Gelmini ci aveva fatto sapere di voler incrementare il numero delle ore di impegno didattico degli insegnanti) e mandiamo tutti gli alunni a fare stage in azienda (nel Sud ce ne son pochine, ma lì si potrebbe provvedere ad elevare il livello di istruzione con i “corsi intensivi” per gli insegnanti poco preparati!). Ma sì, le aziende ringrazieranno e magari finanzieranno le scuole. E la scuola pubblica potrà più facilmente trasformarsi in “fondazioni di diritto privato”. Sul modello delle fondazioni che si vogliono introdurre in ambito universitario, che finiranno per indirizzare (condizionare?) le scelte dei percorsi formativi degli Atenei; smantellando il sistema pubblico universitario. Ma questa è un’altra storia.
Insomma, invece di andare da Tremonti a chiedere più soldi per laboratori ed attrezzature tecnologiche, per l’edilizia scolastica e la sicurezza (perché il vero dato allarmante non è quello del 97% del budget destinato al pagamento di stipendi già scadenti, ma l’esiguità del restante 3% per finanziare le strutture e far funzionare la complessa “macchina” dell’istruzione!), il ministro Gelmini vede la soluzione ancora una volta nei “tagli”.
Peraltro, i risparmi dovuti alla contrazione delle cattedre solo in parte verrebbero utilizzati per rilanciare la scuola pubblica.
Ma non basta, i sacrifici si fanno passare per dovere morale: “la scuola italiana – ha detto il Ministro dell’istruzione – è stata troppo spesso usata in passato come un ammortizzatore sociale. E’ un dovere morale verso le nuove generazioni rivedere completamente il sistema scuola in Italia”.
Concetto forse un po’ forte per i tanti precari che negli anni hanno contribuito al funzionamento della scuola. E non sembra l’unica forzatura di questi ultimi giorni.
La Gelmini, nei mesi scorsi, si era distinta per i suoi “silenzi”, da molti interpretati come segno di “saggio attendismo” (in un contesto governativo di “superattivismo” mirato) da parte di un nuovo e giovane Ministro che vuole affrontare con cautela i tanti problemi da risolvere della scuola (per i quali non serve la clava e la voglia di stravolgere tutto, bensì analisi sobrie ad attente e cambiamenti condivisi); poi la “gaffe” sull’impreparazione dei docenti meridionali – anche se il Ministro ha detto che le sue parole non sono state interpretate correttamente e che per quanto riguarda i “corsi intensivi” si riferiva soltanto ad alcuni professori – di cui si parla diffusamente in altri articoli dei giorni scorsi, pubblicati anche su questo sito. Quindi, mercoledì scorso, la “sortita” sul 97% delle spese “causate” dagli stipendi e la conseguente necessità di tagliare tali costi.
A questo punto, una provocazione: si potrebbe iniziare a risparmiare tagliando gli stipendi di chi (e non è detto si debba trattare necessariamente del nuovo Ministro) affronta così il problema del deficit di apprendimento di alcuni alunni (dovuto secondo esperti analisti soprattutto a carenze strutturali e non all’impreparazione “geografica” degli insegnanti) e delle insufficienti risorse attribuite alla scuola.
E per favore, meno enfasi per il tanto “sbandierato” ritorno all’età felice del grembiulino scolastico!