I lettori ci scrivono

Il buono, lo sporco e il cattivo, il fallimento della Dirigenza scolastica

Quella che si chiama la corte del D.S. riceve il potere direttamente dal D.S. e rende conto al solo D.S. che preferisce certi lavori sporchi li faccia la corte (che in termine tecnico aziendalistico chiamano Staff), non sporcandosi neppure le mani.

Quindi a volte il D.S. appare o vuole apparire il buono, e il primo collaboratore il cattivo e il collaboratore in seconda lo sporco.
Il buono, lo sporco e il cattivo di Sergio Leone, ma qui possiamo parlare della regia di Berlinguer prima e di Renzi dopo, una regia gestita per molti anni e che ha portato la scuola a diventare un’azienda gestita con criteri autoritari e privatistici da un Dirigente scolastico.

Oggi nelle scuole ci sono tanti modi di gestire il potere che chiamano leadership, sulla quale si potrebbe fare addirittura un trattato di sociologia o di psicologia sociale.

L’esperienza ci dice che molto spesso, senza per questo voler generalizzare, come spesso accusano, questa leadership che oscilla tra l’autoritario, il paternalismo e il lassismo (la peggiore) sta provocando grossi danni nella gestione delle scuole statali che sono non più intese come comunità in cui la scelta va condivisa ma come aziende in cui la scelta va solo comunicata dal vertice alla base. 

E infatti oggi i collegi dei docenti non sono altro che delle conferenze di servizio con comunicazioni di decisioni prese altrove dal DS, dal DS e i collaboratori, dal DS e le funzioni strumentali, dal DS e il suo Staff. Insomma dal DS e dal suo middle management sempre per usare lo pseudo linguaggio aziendalistico ora di moda nella scuola italiana.

Anzi ci sono alcune associazioni di D.S. in particolare l’ANP che vorrebbero ridurre i compiti del Collegio che restano ancora quelli dei Decreti Delegati, richiamati nel Testo Unico, considerandolo ormai un inutile intralcio per il “buon governo” delle scuole, vogliono l’autonomia delle scelte e delle decisioni scavalcando le prerogative collegiali, infatti si veda l’insofferenza che molti di loro hanno verso i collegi dei docenti, dove ogni ipotetico dissenso è ridotto a perdita di tempo. 

Altri vorrebbero avere anche la delega dal Governo di selezionare gli insegnanti e di valutarli periodicamente e addirittura di sospenderli dall’insegnamento e licenziarli. Con la 107 ci siamo andati molto vicini con la chiamata diretta che ricordo è stata solo disapplicata da un accordo sindacale ma mai legislativamente abrogata. L’ANP considerava la 107 un primo passo verso la compiuta autonomia scolastica. Il Dirigente come il gestore di una scuola privata sceglie i docenti, li sostituisce, li valuta, li licenza, li demansiona, gestisce l’organico con flessibilità senza alcun impaccio.

Chi nella scuola dissente o critica la decisione già presa è solo di intralcio e vuol far perdere tempo agli altri, tanto che dopo la 107 cioè è stato coniato il termine docente contrastivo, una specie sempre più rara, considerato il cerimoniale di ritorsioni dirette o indirette che si mette oggi in atto nelle scuole contro chi è appunto contrastivo. Non solo da parte del DS verso il docente ma da parte dei colleghi verso il docente percepito come non in linea.

Ovviamente questa gestione di carattere non cooperativo ma competitivo mette non solo le scuole le une contro le altre per accaparrarsi alunni, ma sta snaturando le relazioni interne nelle scuole con i risultati che conosciamo.

Le scuole non sono più quelle istituzioni democratiche volute dalla Costituzione, ma un luogo di gestione autoritaria e paternalistica del personale dove ci si muove per percorsi precostituiti, per format, autoreferenziali, con giustapposizione di progetti e attività spesso incongrue, dove regna la burocrazia e il controllo formale e che nei risultati genera conformismo, indifferenza e analfabetismo funzionale da una parte e dall’altra conferma tutte le distanze sociali.

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