Fra poche settimane faremo i conti con i dati demografici del 2021 che si preannunciano drammatici: per la prima volta il numero dei nati scenderà sotto le 400mila unità.
Il dato è lontano, lontanissimo, dalla situazione degli anni ’60 quando, in piena espansione, si parlava di un milione di bambini e bambine all’anno.
E, secondo quando prevedono sociologi e demografi, nei prossimi anni le cose andranno persino peggio.
Le conseguenze sul sistema scolastico sono facilmente prevedibili: nel 2030 gli alunni delle scuole italiane saranno 500mila meno di oggi, che corrispondono più o meno a 50mila docenti e 25mila classi in meno.
Ma, a quanto pare, politica e sindacati fanno un po’ fatica ad entrare in questo ordine di idee o, per lo meno, evitano di parlarne apertamente.
Addirittura la Flc-Cgil, in un recente documento inviato ai propri iscritti e alle proprie RSU in previsione dello sciopero del 10 dicembre fa riferimento alla misura sulla diminuzione del numero di alunni per classe contenuta nella legge di bilancio e scrive: “Si combatte il sovraffollamento delle classi con una misura a costo zero, scommettendo in prospettiva sulla denatalità piuttosto che aumentando gli organici”.
Peccato che sulla denatalità ci sia ben poco da scommettere dal momento che, purtroppo, è una realtà ormai conclamata.
Sulla necessità che i problemi della nostra scuola vengano affrontati in ottica sistemica insiste il senatore della Lega Mario Pittoni: “Se con l’intervento europeo arrivano fondi importanti per le strutture scolastiche senza che parallelamente lo Stato faccia la sua parte sul fronte del personale, l’istruzione rischia di restare al palo. Qualcuno si premura di ricordare che nel 2026 serviranno 30 mila docenti in meno in seguito al calo demografico, per cui dovremmo addirittura ringraziare se si finanzierà lo stesso numero di lavoratori della scuola, dimenticando che gli uffici scolastici sono costretti ogni anno a cercare 150/200 mila supplenti”.
Proprio nelle ultime ore il Censis ha presentato il proprio Rapporto annuale fornendo dati allarmanti: “La grande maggioranza delle famiglie che stavano pensando di generare un figlio nel corso del 2020 e del 2021 ha deciso di rinviare (55,3%) o di rinunciare definitivamente al proprio progetto genitoriale (11,1%). Tra quelle che lo stavano pianificando, soltanto una famiglia su tre ha mantenuto i propositi o è riuscita a portarli a compimento”.
Conclude il Censis: “Si stima che, in assenza di modifiche dei comportamenti, il crollo dei matrimoni osservato nel 2020 (-47,5%) possa portare a una riduzione di circa 40.000 nati entro il 2023”.
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