Il caro affitti non assilla solo gli studenti universitari delle grandi città e le loro famiglie: anche il personale insegnante e Ata in servizio lontano da casa ha seri problemi a fare quadrare i conti. Oltre 500 euro per un posto letto diventa un costo insopportabile anche per chi lavora. Perché c’è da fare fronte alle bollette e alle spese quotidiane sempre maggiori. E arrivare a fine mese con i conti non in rosso sta diventando per molti la regola.
Nel frattempo, nell’ultimo decennio gli stipendi nella scuola, come nel pubblico impiego, sono aumentati solo del 7,5%, a fronte di un’inflazione che nell’ultimo anno ha sfiorato quella percentuale producendo un aumento generalizzato dei prezzi.
La denuncia è arrivata nella giornata in cui un gruppo di studenti universitari ha portato la protesta contro il caro-affitti sotto il ministero dell’Università e della Ricerca: la maggior parte dei giovani che studiano senza avere la possibilità di pernottare a casa starebbe alle prese con l’assillante ricerca di alloggi più economici.
Anche la ministra Anna Maria Bernini si è schierata con i giovani in rivolta, prendendo anche in un certo senso le distanze dal collega Valditara che ha legato il caro affitto con la gestione decennale delle giunte di centro-sinistra, e annunciando un impegno economico immediato: Bernini ha quindi rivelato di avere chiesto “un censimento degli immobili inutilizzati affinché vengano messi a disposizione per gli studenti”.
Alcuni giorni fa, delle associazioni si sono schierate con gli studenti universitari facendo osservare che il problema riguarda però anche il personale scolastico. Tra le categoria che rientrano in questa cerchia di danneggiati vi sono certamente tanti docenti vincolati, ancora oggi non rientrati nella provincia da dove erano partiti.
Sono diverse le testimonianze di docenti esasperati da questa situazione. Una di queste è pervenuta alla Tecnica della Scuola: un giovane insegnante precario siciliano, di 25 anni, da quattro anni supplente in istituti scolastici del trevigiano, ha spiegato che “non è semplice vivere lontano dalla propria terra e dai propri affetti, ma noi lo facciamo. Lo facciamo – ha spiegato – nonostante non abbiamo un supporto di nessun tipo da parte dello Stato”.
Riferendosi alla nuova denominazione del dicastero bianco dell’Istruzione, il supplente ha detto che il cosiddetto “merito” dovrebbe “essere riconosciuto a docenti che come me vivono con uno stipendio medio di 1.500 euro e devono affrontare ogni mese spese fisse quali: affitto, carburante, spese per viveri quotidiani”.
Il problema, ha aggiunto, non è solo quello dell’affitto e delle bollette: “Molto spesso – ha sottolineato – i pochi spicci che rimangono al mese mi servono e ci servono per tornare a casa dai nostri familiari e dai nostri affetti. Altro capitolo è il costo del ritorno a casa. A Natale ho pagato 560 euro per un viaggio da Venezia a Palermo e per le vacanze Pasquali 350 euro”.
In risposta al ministro dell’Istruzione, il supplente siciliano ha detto che sono 4 anni che viva “in comuni al Nord Italia, tutti governati dalla destra, e facendomi i conti in tasca, a fine mese rimane solo la soddisfazione di fare uno dei lavori più belli al mondo, ovvero educare le nuove generazioni”.
Il professore precario si è quindi lamentato per le promesse non mantenute da chi governa il Paese: “campagne elettorali su campagne elettorali, i risultati non cambiano! La politica, di qualsiasi colore, è sempre più distante dalla vita reale. La politica non ascolta, la politica fa i propri interessi”, ha concluso con amarezza il supplente che lavora lontano dalla sua Sicilia.
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