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Il “caso” di Bologna: il nodo è la legge 62

Sulla questione del referendum di Bologna si sta consumando l’ennesimo “scontro a sinistra” che non sempre è facile da comprendere, a meno di non andare un po’ indietro nel tempo ricostruendo alcuni passaggi importanti della storia del nostro sistema scolastico.
In questo caso bisogna tornare almeno all’anno 2000 quando, dopo un percorso parlamentare relativamente breve, venne approvato il disegno di legge sulla parità scolastica.
All’epoca, il presidente del Consiglio era Romano Prodi mentre sulla poltrona del Ministero dell’istruzione sedeva Luigi Berlinguer.
La proposta discussa in Parlamento diventò la legge n. 62 che faceva rientrare le scuole paritarie nel sistema pubblico nazionale e autorizzava lo stanziamento di specifici fondi a favore delle scuole non statali purchè fossero rispettati regole e ordinamenti del sistema statale.
Il progetto di legge venne approvato dal Senato nell’estate del 1999 e dalla Camera nei primi mesi del 2000.
Il consenso non fu affatto unanime: al Senato, per esempio, Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord (all’opposizione, in quel momento) votarono contro mentre a favore si espressero non solo i DS e i Popolari (a nome del partito intervenne Giulio Andreotti) ma anche i Verdi e una parte del gruppo Misto (per il sì alla legge votò Piergiorgio Bergonzi che era stato eletto nelle liste di Rifondazione Comunista).
La legge venne subito letta come una sorta di pedaggio che la sinistra doveva pagare alle forze moderate di centro per evitare le elezioni anticipate che avrebbero quasi certamente visto la vittoria del centro destra.
La stessa Cgil scuola preferì restare alla finestra a guardare senza schierarsi in modo chiaro. Subito dopo l’approvazione della legge si formò un comitato referendario di cui facevano parte Rifondazione Comunista, Cobas, CUB e l’area “Cambiare Rotta” della Cgil-Scuola.
Ma era l’anno 2002 e l’era Moratti stava appena iniziando; la svolta politica si ebbe l’anno successivo quando si aprì il dibattito (o meglio lo scontro) sulla legge delega n. 53 relativa alla riforma dell’intero sistema scolastico.
Nel marzo del 2003 il ministro Moratti emanò una circolare applicativa della legge 62 consentendo alla Cgil di fare una bella inversione a 180 gradi.
Il sindacato, che in quel momento era guidato da Enrico Panini, assunse subito una dura posizione contro la circolare sostenendo che si trattava di un vero e proprio stravolgimento della legge sulla parità scolastica.
Di fatto da quel momento la Cgil  modifica il proprio giudizio sulla legge 62 tanto che lo stesso Enrico Panini incomincia a dire che la legge si basa su una “interpretazione elastica” della Costituzione.
Il cambio di linea politica è facilmente spiegabile: al “Governo amico” degli anni 1999/2000 era subentrato il Governo Berlusconi e soprattutto a viale Trastevere si era insediata Letizia Moratti che doveva essere contrastata e possibilmente sconfitta anche a costo di dare ragione (con un paio di anni di ritardo) a chi, all’interno della sinistra e dello stesso sindacato, aveva tentato in tutti i modi di ostacolare l’approvazione della legge 62.
A Bologna i nodi sono arrivati al pettine: l’Amministrazione Comunale ha realizzato un sistema integrato statale/paritario nel rispetto della legge 62; chi ora si oppone vorrebbe cancellare non solo le iniziative del Comune ma anche le regole della legge sulla parità. Se queste sono le intenzioni forse è un po’ tardi: la legge 62 ha ormai 13 anni di vita e ha superato svariati controlli di legittimità. La battaglia contro la legge andava forse fatta fra il 1999 e il 2000 anche a costo di schierarsi contro il “Governo amico”.

Reginaldo Palermo

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