Il caso discriminatorio del divieto del velo nella scuola pubblica

Ha già fatto discutere la circolare 123 dell’ISIS Malignani della Bassa Friulana avente per oggetto il seguente tema: Musulmani all’ISIS della Bassa Friulana. Già il titolo della circolare è allucinate, e se il titolo della circolare fosse stato cristiani all’ISIS della Bassa Friulana? Nel merito della stessa è il caso di riproporre alcuni aberranti passaggi.

Si legge che “da quando i jihadisti dell’’ISIS hanno scatenato con la brutalità dei loro attacchi una “guerra totale” contro l’Occidente, gli Sciti, gli “infedeli” di tutte le specie, compresi i sunniti moderati, perseguendo l’idea folle di restaurare il califfato islamico, tra i nostri studenti si sono diffusi sentimenti ostili ai Musulmani ed in genere agli Arabi, che costituiscono una numerosa comunità nella nostra scuola.

Gli insulti razzisti, lanciati spesso senza alcuna consapevolezza, in certe classi e soprattutto nei gruppi dei social network ,sono divenuti pratica corrente. E talvolta dalle parole si è passati ai fatti: è di questi giorni il caso dell’autoctono che, presosi a male parole con un compagno egiziano, l’ha poi aggredito all’esterno della scuola.

Contro i gesti e gli atti motivati da razzismo, così come contro le pratiche discriminatorie in genere la parola d’ordine d’ora innanzi sarà “tolleranza zero”. “Dunque una chiara valutazione politica da parte dirigenziale, del tutto opinabile, perché come è noto sulla questione ISIS sono in molti che vogliono, specialmente coloro che confidano nella speranza di nuove crociate, vedere affermato il concetto di guerra tra civiltà se non tra religioni. Cosa assolutamente fuorviante. Eppure, tale interpretazione ricondotta poi ad un caso specifico, che vede l’autoctono contro l’egiziano, e l’intento con il quale si sottolinea tale differenza rischia di essere interpretabile nel senso di autoctono, dunque friulano, dunque cristiano(?), contro egiziano, dunque straniero, dunque musulmano(?), favorisce il parto della formula repressiva ad effetto tolleranza zero. Come se fosse in atto una guerra tra civiltà, o religiosa all’interno della scuola.

Poi, si legge anche che “Ma allo stesso modo non sarà accettata da parte di nessuno, essendo la scuola italiana laica ed indifferente al credo professato dagli allievi e dalle loro famiglie, l’ostentazione e l’esibizione, specialmente se imposta, dei segni esteriori della propria confessione religiosa, anche perchè essa, in fin dei conti, può essere colta come una provocazione, e suscitare reazioni di ostracismo, disprezzo o rifiuto. Tale è ad esempio il fazzoletto o velo che copre talvolta i capelli e parte del viso delle ragazze musulmane: libere di servirsene all’esterno della scuola ma non in classe, anche perché a nessuno è permesso di indossare copricapi nell’ambito dell’attività didattica, come forma elementare di educazione.

Anche su queste manifestazioni che mirano a sottolineare e rivendicare la diversità,con l’unico risultato di provocare per reazione l’ostilità dei compagni ,sarà massima la vigilanza e nessun permissivismo mascherato da libertaria tolleranza sarà ammissibile”. Che la scuola italiana non sia pienamente laica è fatto notorio, vicenda crocifisso docet, vicenda insegnamento religione cattolica docet, ma la laicità della scuola, in questo caso, pur tollerando il crocifisso e l’insegnamento della religione cattolica, deve divenire dogma solo contro chi professa, nella propria vita privata, altro credo religioso.

Perché l’oggetto della circolare è chiaro, il contenuto pure, si parla di mussulmani, e di studenti, non dimentichiamolo mai! Come prima cosa è il caso di ricordare che dal punto di vista preliminare tale circolare potrebbe essere nulla perché il regolamento di disciplina che si ispira alle indicazioni contenute nello “Statuto delle studentesse e degli studenti” della Scuola Secondaria emanato con D.P.R. n. 249 del 24 giugno 1998, modificato con D.P.R. 235 del 21 novembre 2007, e al Piano dell’Offerta Formativa la Scuola, in armonia con i principi sanciti dalla Costituzione Italiana, tenuto conto della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, recepita con legge 27/05/91 n. 176 necessita della preventiva delibera degli organi collegiali.

Cosa che sembra proprio non essere avvenuta. Ma è chiaramente illegittima anche perché discriminatoria, infatti, come è noto, o forse come dovrebbe essere noto, il divieto del burqa e niqab nei luoghi pubblici in Italia, ad oggi almeno, non esiste. Sì, non esiste un divieto specifico di indossare burqa e nigab ecc… in luoghi pubblici, il Consiglio di Stato con la sentenza 3076 del 19 giugno 2008 affermava che “Il nostro ordinamento consente che una persona indossi il velo per motivi religiosi o culturali; le esigenze di pubblica sicurezza sono soddisfatte dal divieto di utilizzo in occasione di manifestazioni e dall’obbligo per tali persone di sottoporsi all’identificazione e alla rimozione del velo, ove necessario”. Oppure il Tribunale di Cremona nel 2009 ha in sostanza affermato che la donna che in luogo pubblico (in un aula di tribunale) indossa il burqa – tradizionale velo islamico che copre interamente il volto, lasciando visibili solo gli occhi – non viola alcuna disposizione della L. n. 152/1975, in materia di ordine pubblico. Questo caso pare molto ricordare quello accaduto il 5 agosto 2010, in Svizzera, ove il consiglio scolastico del Cantone di San Gallo ha raccomandato di vietare alle allieve di indossare il velo islamico nelle scuole pubbliche cantonali. Il Comune di Bad Ragaz ha in seguito vietato a una ragazza di portare il velo islamico a scuola.

L’allieva ha presentato ricorso e l’istanza di ordine superiore, l’ispettorato scolastico regionale di Sargans, lo ha accolto il 22 settembre 2010, stabilendo che la decisione del consiglio scolastico comunale violava i diritti fondamentali della giovane, divieti rivolti contro la popolazione musulmana (minareti e velo islamico) colpiscono tutte le musulmane e tutti i musulmani quale minoranza religiosa. La Commissione federale svizzera contro il razzismo ricorda che “un divieto del velo islamico nella scuola pubblica presenta quindi tratti implicitamente islamofobi e razzisti e, oltre agli uomini, colpisce tutte le donne musulmane”. Ora quando si parla di laicità della scuola, per tale concetto si intende il fatto che lo Stato deve essere privo, nei luoghi pubblici, per esempio, di simboli religiosi, ma non che i singoli studenti, cittadini e soggettività non possano nei luoghi pubblici, nel rispetto della propria cultura, tradizione e convincimento poter esternare anche attraverso il vestiario, od una collana con il crocifisso il proprio credo.

Quella circolare non ha nulla da condividere con lo spirito di laicità della scuola, violato da più di un secolo tra le altre cose a favore della religione cattolica, quella circolare è profondamente discriminatoria ed anche allucinante per i suoi contenuti. È il caso che l’USR valuti se adottare nei confronti della Dirigenza scolastica citata provvedimenti anche di natura disciplinare, non basta bloccare l’efficacia di quella circolare, ma merita di essere valutato se sanzionare la realizzazione di un comportamento non imparziale e che può essere reputato in contrasto con diritti costituzionalmente ed universalmente riconosciuti. 

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