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Il caso Eriksen riapre il dibattito sui defibrillatori nelle scuole

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Milioni di Europei sono rimasti con il fiato sospeso mentre i medici rianimavano il calciatore danese Eriksen in mezzo ad un campo di calcio.

Immagini forti perché non ti aspetti che un arresto cardiaco possa succedere ad un campione di calcio. I Calciatori sono sportivi super controllati, da staff di medici professionisti.

Dopo il primo momento di smarrimento, arriva il tempo delle riflessioni e delle azioni.

Cosa ci deve insegnare il caso Eriksen

L’episodio che ha avuto per fortuna un esito positivo perché la catena della sopravvivenza ha funzionato correttamente evidenzia sicuramente quanto sia importante in questi casi agire immediatamente e con persone qualificate.

Eventi di questo tipo dimostrano quanto sia importante saper riconoscere in tempo la gravità e di fare di conseguenza le scelte giuste nel poco tempo a disposizione.

Il dato di fatto è che un arresto cardiaco può capitare in qualsiasi luogo e a qualsiasi persona e la differenza la fanno la presenza di un DAE (defibrillatore semiautomatico esterno) e il soccorso di personale formato ad utilizzarlo.

Attraverso un corso di formazione di base, tutti possono contribuire a salvare la vita di qualcuno o a dargli una possibilità di sopravvivenza. In molte occasioni aspettare un’ambulanza senza fare nulla può rappresentare una condanna per chi sta subendo un arresto cardiaco. È fondamentale quindi che sempre più persone si sensibilizzino a questa tematica sia nelle istituzioni pubbliche che private.

Cosa si può fare per prevenire?

Immaginiamo ed auspichiamo che ogni centro sportivo, circolo, scuola, punto di aggregazione debba essere dotato del dispositivo salvavita, il DAE appunto e di persone formate ad effettuare il primo soccorso.

In Italia abbiamo diversi esempi di copertura corretta sul territorio, come è il caso di Piacenza, dove è presente ( fonte Vanity Fair) un defibrillatore ogni 300 abitanti. Su città e provincia sono 1070 i defibrillatori. In ogni paese o quartiere ce ne è almeno uno. E’ solo un esempio positivo e ovviamente non esaustivo.

I DAE sono presenti sono in condomini, scuole, caserme, impianti sportivi, uffici pubblici. Con questi numeri la provincia di Piacenza ha triplicato la sopravvivenza da arresto cardiaco. Ha raccontarlo è Daniela Aschieri, Presidente di Progetto Vita e Direttore di Cardiologia all’ospedale Castel San Giovanni,nel piacentino, “con questi interventi le persone si salvano nell’80% dei casi».

«Una smart city dovrebbe avere tanti defibrillatori quanti estintori e gli incendi sono molto meno frequenti degli arresti cardiaci. Sono meno frequenti anche gli incidenti stradali, ma le cinture sono obbligatorie. Un defibrillatore costa mille euro, come alcuni smartphone, e ne servono un centinaio all’anno per la manutenzione».

La situazione nelle scuole

Tornando al contesto scolastico, la presenza dei defibrillatori in tutti gli edifici ( tema più volte trattato da la TDS), è argomento più volte ripreso dal parlamento con un Decreto legge fermo e che si spera si possa sbloccare l più presto.

Il presidente del 118 ha ricordato (come riportato dal nostro articolo) la necessità di attuare l’articolo 1, comma 10 della Legge 107/2015, che prevede l’insegnamento delle manovre salvavita agli studenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado: una norma che ad oggi rimane in altissima percentuale non attuata.

La  nota prot. n. 7144 del 25 marzo, del ministero dell’Istruzione ha disposto l’assegnazione alle singole scuole di 1.000 euro per l’acquisto di almeno un defibrillatore semiautomatico (DAE): ogni scuola può quindi acquistare questi defibrillatori oppure rinnovare le dotazioni strumentali già a disposizione se acquistata anni fa.

Lo stesso budget può essere utilizzato per erogare formazione al personale per l’utilizzo degli stessi dispositivi sempre con l’obiettivo di garantire la salute degli studenti.

Il caso Eriksen si spera possa riaprire anche la discussione sulla presenza del medico in ogni istituto scolastico con l’obiettivo di prevenire e di intervenire in caso di necessità.

Il D.Lgs. 81/2008, così come modificato dal D.Lgs 106/2009, persegue l’obiettivo di procedere al riassetto ed alla riforma delle disposizioni in materia di salute e sicurezza in tutti gli ambienti di lavoro.

La scuola è, ambiente di lavoro per il personale che vi presta servizio e costituisce luogo ideale per promuovere e divulgare la cultura e la pratica della sicurezza.

In particolare, degli artt. 2, 18, 25, 28 e 29, riporta che il D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. abbia affidato al medico competente una duplice funzione: una di natura preventiva e collaborativa, sia con il datore di lavoro sia con il servizio di prevenzione e protezione, consistente nello svolgimento dei compiti-obblighi di cui all’art. 25 (fra i quali quello di partecipare alla valutazione dei rischi), e l’altra finalizzata alla gestione dell’eventuale sorveglianza sanitaria dei lavoratori, il cui obbligo emerga appunto a seguito della valutazione dei rischi (art. 18).

E quanto parliamo della salute nelle scuole parliamo non solo di studenti, ma di tutto il corpo docente e ausiliario.

Chi ha una cinquantina di anni ricorderà sicuramente le lunghe file e le visite del medico nella scuola elementare che ci controllava se avessimo i pidocchi nei capelli., ma verificavano anche la vista, il peso cogliendo eventuali segnali di obesità.

Una istituzione cancellata una ventina di anni fa.

Perché non possiamo tornare nella stessa situazione anche adesso?