I dati delle prove INVALSI resi noti dal Ministero dell’Istruzione hanno reso note le discrepanze, i limiti e i vuoti di un sistema educativo talvolta incapace di preparare i discenti nelle discipline di base. Interessato da precariato, scarsa tutela contrattuale e professionale e limitati stipendi, sembra non essere più in grado – attività missionarie a parte – di provvedere ad uno sforzo congiunto nella preparazione degli studenti col fine di inserirli nel mondo del lavoro o garantire loro un prosieguo roseo degli studi. Tali lacune, come rende noto Il Sole 24 ore, sono più evidenti negli studenti provenienti da famiglie afferenti a basse fasce reddituali e caratterizzate da difficoltà evidenti circa inserimento sociale e lavorativo. La limitata ed eventuale istruzione e preparazione dei genitori non può essere, in un sistema scolastico equo ed inclusivo, un elemento di triste continuità espresso nello studente, incapace di sviluppare abilità, competenze ed inclinazioni. Ciò si evince dalle prove INVALSI, le quale misurano la preparazione complessiva degli studenti nelle discipline strategiche, il risultato è sempre più attinente allo status socio-economico delle famiglie di provenienza, noto come valore ESCS.
Considerando i risultati delle prove suddette proporzionate agli indicatori ESCS, si evince che gli alunni con prestazione eccellente appartengono, nella stragrande maggioranza, alle famiglie più agiate con un background studiorum più consistente e fruttifero. Questi alunni sono presenti in una percentuale più che doppia rispetto a famiglie meno agiate e con un tasso dieci volte superiori rispetto a nuclei per i quali non si hanno sufficienti informazioni circa lo status socio-economico. L’indicatore utilizzato è relativo alla dispersione implicita, nota come la percentuale di studenti che porta a termine il percorso senza aver acquisito le competenze nelle discipline di base: italiano, matematica e inglese. È pari al 5,6 % la quota dei ragazzi afferenti a famiglie meno agiate che non raggiungono la sufficienza in nessuna delle discipline poc’anzi menzionate, al 12% di quelli provenienti da famiglie con status sotto la media, al 20% fra i ragazzi sulle cui famiglie non si hanno informazioni. L’indicatore ESCS tiene in considerazione, tra l’altro, il livello occupazionale dei genitori, valutandone la stabilità economica e professionale: il riferimento diretto allo status d’inserimento sociale è rappresentato dagli studi svolti. Inoltre, il Meridione continua a mostrare in media – tranne qualche eccezione – dei risultati conseguiti al centro-nord. In Campania la fragilità scolastica interessa uno studente su cinque, mentre in Calabria e Sicilia persistono delle difficoltà serie in italiano e matematica, dove tre studenti su quattro non raggiungono il livello base dalla terza fase di valutazione in su.
Una panoramica sull’utilizzo dei test in Europa è resa nota in un documento emesso dall’Agenzia Esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura (Eacea P9 Eurydice), che dichiara come in tutti i paesi la valutazione degli alunni sia parte integrante dell’insegnamento e della didattica continua. Il processo è solitamente regolamentato da testi legislativi specifici e/o linee guida che contengono i principi fondamentali della valutazione. La cadenza annuale per la quale gli alunni debbono sostenere le prove è altamente variabile da paese a paese. Danimarca, Malta e Regno Unito, ad esempio, li somministrano annualmente. Quest’ultimo, assieme alla Francia, è noto per sei tipologie di test sottoposte agli studenti. Al contrario, diversi paesi testano un numero molto inferiore di anni scolastici. Tra i paesi che somministrano soltanto un test nazionale durante il livello Cite 1 e 2 rientrano Belgio (Comunità fiamminga), Germania, Spagna, Cipro, Paesi Bassi, Slovacchia e Irlanda del Nord. In genere, i test pari agli INVALSI nostrani si svolgono nell’ultimo anno parte del ciclo di studi di riferimento.
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