Con recente provvedimento il Tribunale del lavoro di Roma ha accertato che il Ministero dell’Istruzione ha proceduto alla sottoscrizione del CCNI sulla mobilità del personale docente con una sola sigla sindacale, la Cisl Scuola, estromettendo – in maniera ritenuta illegittima – le altre sigle.
In assenza del Ministero, che inspiegabilmente non si è difeso in giudizio, le organizzazioni Flc Cgil e Uil Scuola lamentavano che il Ministero avesse ignorato tutte le loro diffide inoltrate al fine di riaprire il tavolo delle trattative finalizzate alla conclusione dell’accordo per il rinnovo del CCNI sulla mobilità, concludendo l’accordo sindacale con il consenso della sola Cisl scuola.
Secondo le organizzazioni sindacali ricorrenti, la condotta del Ministero avrebbe quindi violato il principio del “raggiungimento del maggior consenso possibile” nonché mancato di rispettare gli obblighi di correttezza e buona fede.
Il Giudice del lavoro di Roma, nell’effettuare la ricognizione normativa della materia, ha evidenziato che a differenza della contrattazione collettiva nazionale, laddove la legge prevede che il CCNL è legittimamente sottoscritto se le organizzazioni sindacali ammesse alle trattative che vi aderiscono raggiungono il 51% complessivo della rappresentatività come media tra il dato associativo ed elettorale o almeno il 60% del solo dato elettorale, nessuna precisa disposizione esiste per la contrattazione integrativa, per la quale, non essendo previsto un minimo di rappresentatività, si può procedere alla stipula dell’accordo anche con la firma di una sola sigla sindacale.
In assenza di contraddittorio e di prova contraria, a causa dell’inspiegabile assenza in giudizio del Ministero, il Tribunale ha ritenuto che non aprire senza giustificazione le trattative nei confronti dei sindacati ricorrenti, costituirebbe condotta antisindacale posto che – così facendo – si sarebbe venuto a creare una sorta di “monopolio sindacale” [n.d.r. in favore della Cisl Scuola] per ragioni incomprensibili e contrarie al principio della ricerca del “maggior consenso possibile”.
Non sappiamo se, costituendosi in giudizio, il Ministero avrebbe potuto dimostrare di aver agito correttamente nei confronti di tutte le sigle sindacali sebbene, a quanto pare, vi sarebbero atti ufficiali che potrebbero confermare la regolarità delle operazioni.
Nel dichiarare la condotta del Ministero lesiva dei diritti dei sindacati ricorrenti, il Giudice del lavoro ha quindi ordinato all’amministrazione di rimuovere gli effetti della condotta antisindacale, riaprendo le trattative sul CCNI con l’inclusione anche delle organizzazioni ricorrenti.
A trasferimenti già ultimati, ci si chiede quindi quali ricadute potrebbe avere detta pronuncia sui docenti che hanno ottenuto il trasferimento.
Il Ministero potrebbe addirittura rimettere in discussione tutti i movimenti del personale al fine di adeguarsi all’ordine del giudice di rimozione degli effetti della condotta antisindacale.
Non si vuol credere che fosse questa la soluzione voluta sindacati ricorrenti, in quanto sarebbe paradossale andare contro gli interessi dei lavoratori e, soprattutto, degli oltre 15 mila docenti originariamente vincolati che, grazie al Ccni contestato, hanno invece potuto partecipare alla mobilità ottenendo il trasferimento vicino alle proprie famiglie.
Tuttavia è quello che – almeno in teoria – si potrebbe rischiare.
Vedremo se il Ministero, crisi politica permettendo, correrà ai ripari proponendo opposizione avverso il provvedimento del Tribunale per tentare di dimostrare la correttezza del proprio operato.
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