Garanzie sì, ma contro i furbetti del cartellino rimane il pugno duro. Anzi, almeno a sentire il premier Matteo Renzi, sarà durissimo.
“Per chi viene beccato a timbrare il cartellino e andarsene la pacchia è finita“, perché il decreto sui licenziamenti “cattivi ma giusti” è stato sottoscritto, ha detto il presidente del Consiglio, annunciando l’approvazione definitiva in Consiglio dei ministri delle nuove regole per sanzionare chi “truffa lo Stato”.
Cosa c’è dietro alle nuove norme è chiaro: “Se mi freghi ti stango, se lavori bene premio il tuo lavoro”. Gli ultimi ritocchi hanno rafforzato l’efficacia della misura, dopo 48 ore la sospensione e entro 30 si chiude, stabilendo che “un vizio formale” non può bloccare il licenziamento, ha detto la ministra della Funzione Pubblica, Marianna Madia, che ha siglato il provvedimento.
La “stretta”, tra l’altro, non risparmia nemmeno i dirigenti, che ora, in caso di inadempienze gravi, rischiano sino al carcere.
Madia è convinta di avere approvato un provvedimento necessario: “Nel pubblico le norme sulle sanzioni devono essere più rigide che nel privato, per motivi etici, e nel Testo Unico sul pubblico impiego continueremo il lavoro sui procedimenti disciplinari per cancellare le aberrazioni”, basta un cavillo e si viene riammessi. Quindi le novità potrebbero essere estese anche ad altri comportamenti fraudolenti, colpendo non solo gli assenteisti ma anche, ad esempio, chi ruba.
Insomma, per i furbetti la possibilità di impugnare l’espulsione e ottenere la reintegra viene ridotta. D’altra parte nel privato l’operazione è stata ampia e generalizzata, come è noto la salvaguardia dell’articolo 18 è stata di molto circoscritta con la Fornero prima e il Jobs act dopo. Ora se nel pubblico la tutela dello Statuto dei lavoratori resta (la pronuncia della Cassazione in materia è giusto di qualche giorno fa) vengono però messi dei paletti al ‘ricorso facile’.
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Per il sottosegretario alla Pubblica amministrazione, Angelo Rughetti, viene “introdotta una norma che restringe il contenzioso e l’impugnativa”.
Ma per il deputato di Forza Italia Francesco Paolo Sisto “l’ansia del governo di assecondare la pancia della piazza si traduce in provvedimenti raffazzonati, sbagliati, vere e proprie follie”, come “il mancato annullamento del licenziamento anche in presenza di violazioni dei termini del procedimento, salvo che non risulti ‘irrimediabilmente compromesso’ il diritto di difesa”.
Ma il Cdm ha varato anche altre novità. Come l’accordo che riduce i comparti nel pubblico impiego, da undici a quattro, in linea con quanto chiesto anche dai sindacati maggiori.
“Viene data speranza ai dipendenti pubblici”, sottolinea Renzi, il passaggio sui settori, continua, “è condizione necessaria e sufficiente a riaprire una strada di dialogo per il rinnovo del contratto che è per noi un obbligo ma anche un impegno che prendiamo”.
Certo, ammette il premier, la cifra dello stanziamento per il rinnovo “dovrà essere valutata perché le richieste saranno superiori” e anche “i tempi saranno non semplicissimi”.
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