Il cinquantesimo della scuola media, ma l’Italia era impreparata

È vero che già qualche anno prima della legge era stata implementata la “Media Unica Sperimentale”, ma è anche vero che improvvisamente ci fu estremo bisogno di personale e di aule, entrambe di difficile reperimento.
L’obbligo infatti si concludeva con la quinta elementare e le possibilità di proseguire gli studi erano due: o la scuola media, ritenuta scuola di élite, o gli avviamenti professionali, per imparare un mestiere e con la solo possibilità di proseguire negli istituti tecnici e professionali. In ogni caso dopo la quinta elementare le scuole si aprivano solo per chi volesse veramente continuare o per chi fosse in condizioni economiche di farlo.
In ogni caso erano migliaia i comuni italiani dove mancavano le scuole, sia medie e sia di avviamento, per cui con la nuova Media fu obbligo provvedere, non solo alla impellente necessità del reperimento delle aule, ma anche al reclutamento dei docenti e dei dirigenti che scarseggiavano.
Fu allora che si aprì una sorta di chiamata diretta di personale, il più delle volte sfornito persino di titolo, e tanti vennero dalla scuola elementare, mentre le università dovettero attrezzarsi per formare i docenti che mancavano, ingolfandosi nel giro di alcuni anni.
Basta ricordare che ai laureati in legge era perfino consentito di insegnare lingue straniere, mentre ci fu pure un momento in cui per gestire al meglio e senza l’odore di imbrogli l’assegnazione ai neo professori del posto, i sindacati furono abilitati a costituire nei provveditorati la cosiddetta “commissione incarichi”, sostituendo e scavalcando i funzionari preposti che assunsero così una sorta di ruolo notarile.
E da lì incominciò pure a crescere la tremenda pianta, che ancora vegeta, del precariato e dei supplenti, mentre tutta la legislazione si arrampicava e costruiva su questo errore, messo a dimora proprio dalla mancata programmazione di un piano che facesse fronte all’obbligo scolastico, cresciuto improvvisamente di altri tre anni e passando appunto da 11 a 14 anni.
Una società prevalentemente agricola, e per certi versi ancora arretrata, che non si seppe dare un progetto logico e scientifico in tempo utile per contenere una legittima aspirazione e un giusto diritto, quello appunto dell’istruzione obbligatoria e gratuita, mentre aule e arredi venivano raccattati, soprattutto nei piccoli comuni, alla meglio persino presso case private e vecchi magazzini.
Ma la questione più grossa furono i docenti, i vincitori dei concorsi, quelli indispensabili per formare la nuova classe dirigente che da quel momento in poi si poteva pescare anche tra le classi sociali più deboli.
Il “68, con le conseguenti contestazioni studentesche, mise in luce anche tutte le incongruenze di un simile ordinamento scolastico, affrettato e contraddittorio, come quello per cui ai soli licenziati dai licei classici era consentito l’iscrizione in tutte le facoltà universitarie, parte delle quali però venivano chiuse a chi proveniva dai tecnici e dai professionali.

Pasquale Almirante

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