Si tratta, riporta il Sole 24 Ore, di uno spreco di risorse ingente, oltre che di un fenomeno le cui conseguenze sociale sono allarmanti, mentre il fenomeno è quasi tutto concentrato nel Mezzogiorno.
Il rapporto, 2012-2013, sottolinea che questo “è certamente l’anno peggiore della storia dell’economia italiana dal secondo dopoguerra. La contrazione del prodotto cumulata dall’avvio della crisi – scrive il Cnel – ha raggiunto l’8%: una caduta di tale entità non poteva non lasciare tracce profonde nel tessuto produttivo e sulle opportunità occupazionali. Negli ultimi anni abbiamo perso 750mila posti di lavoro: una caduta che avrebbe potuto essere più profonda se la produttività del lavoro non fosse rallentata, se le ore lavorate per occupato non si fossero ridotte, se il ricorso alla Cig non fosse aumentato per tutelare i redditi dei lavoratori e le potenzialità di ripartenza delle imprese». In Italia, spiega ancora il Cnel, «la caduta del Pil è stata seconda solo alla Grecia mentre la riduzione dell’occupazione è stata relativamente contenuta. Se l’occupazione fosse diminuita quanto il Pil, le perdite sarebbero oggi pari a 1.870.000 occupati”.
Secondo lo studio cresce la partecipazione degli over 55, soprattutto per effetto delle riforme pensionistiche, con le inevitabili ripercussioni sul turn over del circuito produttivo: quasi 277mila persone in più rispetto al 2011, dei quali la maggior parte occupati (+ 6,8% rispetto al 2011).
Cresce anche il tasso di disoccupazione “matura” (dal 3.5 al 4.9%), nella quale rientrano gli “esodati”.
L’offerta di lavoro da parte delle donne è in aumento, sia rispetto agli anni passati che nei confronti della componente maschile: le donne “attive” sono ora più del 42% delle forze lavoro (40,5% nel 2007); e soprattutto sono aumentate le “occupate”: il tasso di occupazione femminile è salito al 41,6% dal 39,7% del 2007, con una crescita dell’1,2% rispetto al 2011, pari a 109mila occupate in più. Tuttavia continua a persistere il fenomeno della segmentazione di genere, che caratterizza ampiamente il nostro mercato del lavoro: le professioni in cui si concentra la presenza femminile sono poche e poco qualificate.
Grave la questione giovanile il cui il tasso di attività è in aumento tra i giovani di 15-29 anni, nonostante rappresentino meno del 7% degli attivi, laddove i “maturi” (over 55) sono ormai più del 12%.
Non si arresta il fenomeno dei Neet (“not in employment, education or training”): la quota di ragazzi che non hanno un’occupazione e al tempo stesso non sono a scuola o in formazione si attesta al 23,9% della popolazione giovanile, con punte di 35% nelle regioni del Mezzogiorno. (Cl.T.)
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