Come si ricorderà, tra i suoi primi atti, a distanza di qualche mese dall’insediamento, il ministro del Miur, Letizia Moratti, aveva costituito una commissione di studio, la cui presidenza emerita era stata data al Cardinale Esilio Tonini, con il compito di fornire elementi per la creazione di un codice deontologico degli insegnanti della scuola italiana.
Il problema, è bene ricordare anche questo, aveva aperto un acceso dibattito e generato non poche perplessità viste le incertezze ed i dubbi che si sollevano tutte le volte che si affronta il problema degli obblighi e dei compiti e dei docenti.
Anche la nostra rivista si inserì nella discussione con significativi contributi, precisando preliminarmente che non era in discussione la valutazione degli insegnanti, ma la definizione di un quadro etico di comportamento naturalmente discendente dalla stesso essere insegnante.
Non si trattava, insomma, di dare i voti ai docenti, ma definire i parametri di natura etica e morale entro i quali svolgere la professione docenti.
La pronuncia del Cnpi, sul documento dell’apposita commissione di studio, rientra nel dibattito in corso e per il fatto di essere stata data all’unanimità e senza essere stato ufficialmente richiesto, assume un significativo rilievo.
Il Cnpi assume come punti di partenza, da una parte, la complessità sociale che esige oggi che per tutti i soggetti professionali siano definititi ruoli e funzioni e, d’altra parte, un rinnovato interesse per le problematiche etiche in generale e verso l’eticità delle professioni in generale e di quella dell’insegnante in particolare.
Le mutazioni stesse del ruolo della scuola, dice il Cnpi, pongono l’inderogabilità della definizione della funzione docente nei termini di una specifica professione. Tanto perché l’insegnante svolge una funzione caratterizzata da autonomia progettuale e operativa fondata su un alto livello di competenza e di responsabilità, nel senso di essere chiamato a rispondere a qualcuno.
L’insegnante della nuova scuola, deve, insomma, essere capace di dare risposte sul suo operato. È cioè autore delle sue azioni e dunque portatore della capacità di rispondere di agire autonomamente e in condizioni di piena libertà.
Responsabilità, chiarisce e sottolinea giustamente il Cnpi, che non ha nulla a che vedere con gli specialisti disciplinari e metodologici ci quali non sono ambiti che possano rientrare nella sua deontologia.
I princìpi fondamentali ai quali l’insegnante deve conformare la sua pratica professionale nel rapporto con i soggetti educandi, con i colleghi, e con tutte le espressioni della comunità in cui è inserita la scuola, indicati dal Cnpi, sono: il rispetto della dignità umana, l’adempimento del suo compito, l’organizzazione professionale dell’insegnamento, il contributo al lavoro collegiale a l team docente, la salvaguardia e lo sviluppo della qualità, la direzione e la responsabilità, la collaborazione con i partner della scuola,a, la riservatezza ed il rispetto delle norme.
Il codice deontologico dell’insegnante, come tratto distintivo della professione docente, secondo il Cnpi, assolve a due funzioni fondamentali: di tutela e di garanzia per i soggetti che fruiscono dell’azione professionale riguardante i diritti fondamentali costituzionalmente definiti e la tutela e la garanzia dell’autonomia professionale, del ruolo sociale e del prestigio della professione.
Indica, insomma, orientamenti e regole di condotta per l’esercizio della professione docente senza configurarsi come un decalogo prescrittivi di comportamento professionale.
Indica, in definitiva, valori, orientamenti, criteri per le autonome decisioni dei docenti in tutte le situazioni professionali e nelle relazioni tra i diversi soggetti coinvolti nell’attività scolastica.
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