L’autonomia scolastica, conferita alle scuole con la legge 59/97 e regolamentata col D.P.R. 275/99, ha segnato lo spartiacque tra la vecchia scuola, “verticistica” e burocratizzata, e quella attuale che permette alle istituzioni scolastiche, nel rispetto delle “indicazioni nazionali”, di progettare la didattica coerentemente ai bisogni formativi espressi dal territorio nel quale esse operano.
L’autonomia, quindi, mette in risalto la “organizzazione” della scuola, nei suoi diversi aspetti, compresi i servizi amministrativi ed ausiliari.
L’autonomia è funzionale alla promozione del successo formativo dei discenti in quanto la scuola eroga un servizio essenziale che rientra tra quelli che lo Stato deve fornire in termini di “livelli essenziali delle prestazioni” (LEP) al fine di garantire parità di fruizione dei diritti sul territorio nazionale.
Ma chi è il responsabile dei risultati attesi del servizio erogato dall’istituzione scolastica? La legge ha individuato quello che una volta era chiamato preside o direttore didattico, ovvero il dirigente scolastico il quale assume la legale rappresentanza della scuola e ne risponde in termini di risultato. La legge ha dato la possibilità al dirigente scolastico di avvalersi della collaborazione di due docenti, che con la legge 107/2015 possono arrivare al 10% della totalità dei docenti in servizio nella scuola. La figura maggiormente rappresentativa di queste collaborazioni è sicuramente quella del “vicario”, cioè il docente incaricato di supportare l’azione dirigenziale e che sostituisce il DS in caso di breve e temporaneo impedimento.
Da rilevare, comunque, che la legge non permette di “delegare” la funzione dirigenziale e, quindi, le conseguenti responsabilità rimangono, comunque, in carico al dirigente scolastico.
Proviamo a descrivere quale deve essere il giusto ruolo che il collaboratore vicario del dirigente è chiamato a svolgere.
Il “vicario” svolge un ruolo di interfaccia tra il dirigente e i docenti, quindi requisito essenziale richiesto è quello di rispettare con lealtà l’incarico affidatogli dal dirigente e dall’altra coltivare un dialogo con i colleghi in modo che possano riconoscere e apprezzare il ruolo svolto. Un dirigente capace di scegliere un collaboratore con queste capacità dialogiche contribuirà ad alimentare un buon “clima relazionale”. In quest’ottica, il collaboratore vicario deve rispettare le regole per cui non può attribuirsi poteri che il CCNL scuola non prevede, quali quelli di concedere permessi o autorizzazioni varie. Anzi, deve contribuire al pieno rispetto delle procedure previste.
Il collaboratore deve avere buona capacità organizzativa e di “problem solving” in quanto deve essere in grado di fronteggiare le diverse situazioni che si presentano quotidianamente.
Ancora, deve sapere interagire con i diversi stakeholder, con i genitori, il personale ATA, con gli stessi alunni in quanto le problematiche sono tante e diverse.
Certamente è difficile coniugare questo ruolo con l’insegnamento per cui è necessario un intervento normativo che assimili questa figura ai docenti comandati per le diverse attività che l’amministrazione scolastica promuove (dispersione, supporto all’autonomia, ecc.).
Il mancato esonero o semiesonero previsto dalla normativa precedente, ha aggravato il compito del collaboratore per cui deve essere sicuramente rivisto questo istituto senza considerarlo un aggravio di spesa in quanto fondamentale per il buon funzionamento dell’intera organizzazione scolastica.
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