I sottoscritti lavoratori “Quota 96” della scuola non possono assistere passivi all’ennesima proposta penalizzante prospettata per ‘risolvere’ la loro assurda situazione.
Fortemente esasperati ma non rassegnati dopo tre anni di promesse, rinvii, emendamenti bocciati con il pretesto di insufficienti coperture economiche (che venivano poi sistematicamente usate in altri campi).
Convinti – come sarebbe dovuto accadere nel normale rispetto delle più elementari regole di una democrazia parlamentare – che l’approvazione, con larghissima maggioranza, alla Camera del D.L. Madia, avrebbe portato fine all’ingiustizia che li ha brutalmente colpiti, essi si sono visti stralciare in Senato il provvedimento loro dedicato, mentre rimaneva quello a favore di altre categorie che nulla hanno a che vedere con la P.A, accusando l’ennesima umiliante indifferenza e sottovalutazione della loro situazione.
Spesso offesi e dileggiati alla stregua di questuanti, blanditi da promesse dimenticate il giorno dopo, essi sono invece ancora fermamente decisi a lottare, finché resterà loro una stilla di energia, perché l’ingiustizia venga sanata, dopo vari ordini del giorno, condivisi in Aula da maggioranza ed opposizione, ma poi regolarmente negletti dal Governo. Per tutto questo, chiedono al Governo una definitiva soluzione del loro problema, vale a dire un provvedimento urgente che consenta, a tutti coloro che desidereranno esercitarlo, il pensionamento al 1° settembre 2015, ripristinando così un diritto che già avevano maturato al momento dell’entrata in vigore della legge Fornero e che da tre anni viene misconosciuto.
In particolare, i docenti di Quota 96 ritengono inaccettabile e lesiva della loro dignità professionale (qualora l’opinione diffusa da vari rappresentanti del governo fosse confermata) l’ipotesi di risolvere la loro problematica con un intervento calato dall’alto, mediante cioè il loro ventilato inserimento in un organico funzionale con ruoli polivalenti non ben definiti (a detta del ministro Giannini «meno duri» della lezione frontale), nella convinzione che per le loro precarie condizioni psicofisiche non siano più in grado di espletare in modo adeguato il loro ruolo nel campo della didattica, l’unico in cui invece posseggono le migliori competenze, formatesi attraverso una lunga pratica.
È ben risaputo che quello degli insegnanti è un lavoro usurante, dunque non ‘stanchezza’ ma ‘usura’ comporta l’impegno gravoso dell’educare, istruire e formare i futuri cittadini. Impegno reso sempre più arduo e complesso da una società in rapida evoluzione, in cui la scuola rappresenta uno dei pochi luoghi nei quali i nostri ragazzi possono trovare attenzione ai loro bisogni.
Tuttavia sappiano i legislatori che la gran parte delle difficoltà che i Quota 96, al pari di tutti gli altri lavoratori ultrasessantenni, incontrano nelle loro quotidiane attività lavorative, sono per lo più imputabili a ordinari problemi di salute, con connessi disturbi fisici propri dell’età e del logoramento subentrato dopo 40 anni di professione.
Tali disturbi, che certamente non verrebbero meno qualora questi lavoratori venissero utilizzati in altre mansioni, non sarebbero compensati da alcun vantaggio, per cui l’operazione si tradurrebbe in uno spreco sotto tutti i punti di vista.
Per tutti questi motivi, i lavoratori Quota 96, rifiutando ogni altra soluzione, chiedono semplicemente che anche all’anno scolastico 2011/12 venga applicata, seppur con tre anni di ritardo, la stessa legge che da sempre, prima e dopo tale anno scolastico, regola l’accesso alla pensione nel comparto scuola, senza cercare pretesti, che assumerebbero l’unica valenza dell’arbitrario accanimento verso chi ha dedicato la propria esistenza professionale agli altri e che trova ben altro riconoscimento dove l’educazione non è una parola vuota, ma un valore fondamentale di una società. Da non sottovalutare inoltre che il loro pensionamento consentirebbe l’immediata stabilizzazione di altrettanti giovani precari, portatori di nuove energie e potenzialità.