Si chiama “Il compito di Clara” il secondo romanzo di Alessandro Faino (Leone Editore, 2012): la storia narra il rapporto lieve e allo stesso tempo struggente tra un’alunna sofferente, Clara, e il suo maestro di scuola primaria, Giorgio Ventura. Il quale più che un maestro, rappresenta un compagno di vita.
Per Faino, medico e scrittore salernitano, si tratta del secondo romanzo: l’esordio narrativo è del 2010, con “L’Imperfetto amore”, pubblicato da Manni. Il tema dell’amore lascia spazio a una riflessione attenta sul dolore. Il peso dell’esistenza è condiviso attraverso i passi di un’infanzia drammatica come quella della piccola Clara, bambina che soffre di bulimia. Le problematiche, più che mai attuali, dei disturbi alimentari infantili sono affrontate in un contesto narrativo colmo di situazioni e ricordi.
Durante le giornate trascorse in aula, lo sguardo di Giorgio è sempre fisso su Clara, la bimba che per prima risponde alle domande, con fervido entusiasmo e il desiderio di sentirsi, almeno per un giorno, uguale agli altri.
Da un incontro con un vecchio amico sul lungomare di un piccolo paese della Puglia, l’attenzione del lettore si sposta tutta sulle vicende di Clara, e sembra quasi di vederla, tra le sue guance chiare e morbide, nella lente del suo maestro.
In un’attenta rievocazione memoriale dei luoghi, tra uliveti e antiche masserie, il maestro Ventura affronta il suo viaggio interiore. Rivedrà il ritratto di famiglia con il padre che spiega le tradizioni del carnevale di Massafra con i sapienti artigiani della cartapesta, la casa di un’infanzia remota.
Poi, c’è l’amore, quello con Caterina, magistrato trasferito a Torino, e Achab, il pesciolino del suo acquario con cui puoi parlare: “La vita di un pesce dentro un acquario somiglia tanto alla nostra”.
Il quotidiano è scandito dalla necessità di avvicinarsi al significato del dolore. Il maestro Ventura sarà quindi sia il filosofo che studia le circostanze della vita – non opponendosi a un destino che sembra già scritto – ma sarà soprattutto l’amico di Clara. Un dialogo tra anime che non si interrompe, ma accresce, fino a quando il maestro raggiungerà Clara in un ospedale di Philadelphia.
Da un incontro con un vecchio amico sul lungomare di un piccolo paese della Puglia, l’attenzione del lettore si sposta tutta sulle vicende di Clara, e sembra quasi di vederla, tra le sue guance chiare e morbide, nella lente del suo maestro.
In un’attenta rievocazione memoriale dei luoghi, tra uliveti e antiche masserie, il maestro Ventura affronta il suo viaggio interiore. Rivedrà il ritratto di famiglia con il padre che spiega le tradizioni del carnevale di Massafra con i sapienti artigiani della cartapesta, la casa di un’infanzia remota.
Poi, c’è l’amore, quello con Caterina, magistrato trasferito a Torino, e Achab, il pesciolino del suo acquario con cui puoi parlare: “La vita di un pesce dentro un acquario somiglia tanto alla nostra”.
Il quotidiano è scandito dalla necessità di avvicinarsi al significato del dolore. Il maestro Ventura sarà quindi sia il filosofo che studia le circostanze della vita – non opponendosi a un destino che sembra già scritto – ma sarà soprattutto l’amico di Clara. Un dialogo tra anime che non si interrompe, ma accresce, fino a quando il maestro raggiungerà Clara in un ospedale di Philadelphia.
Nel tempo libero Giorgio ama giocare a scacchi. In uno di quei momenti l’immagine di Clara Tobino è riflessa in quella della regina: “Osservavo la regina bianca, sconfitta insieme con gli altri pezzi, giacere di sbieco tra le caselle della scacchiera”. Nei giorni che precedono gli scrutini o durante la riunione con i genitori per le pagelle, quel viaggio tra l’alunna e il maestro sembra già preannunciato. E ci sono, ci saranno sempre, le domande che non hanno risposta. Quelle di cui non ci dimentichiamo mai.