Sul fronte del reclutamento del personale il Miur conferma tutta la sua inadeguatezza.Dopoil concorso-farsa dei dirigenti scolastici, bandito nel 2011 ma in diverse regioni ancora in alto mare, è la volta del ‘concorsone lumaca’ per diventare insegnanti: 20 mesi dall’inizio della più grande selezione diretta di aspiranti prof, con 321.210 candidature, sono tante le realtà dove ancora si attendono le graduatorie definitive dei vincitori. Fa scandalo la Toscana, dove solo una settimana fa l’Ufficio scolastico regionale ha pubblicato le graduatorie per diventare maestri d’asilo.
Così, nella maggior parte dei casi l’attesa dell’esito del ‘concorsone’ si sta rivelando un vero incubo. Eppure si tratterebbe di migliaia di neo laureati che ringiovanirebbero il corpo docente italiano, il più vecchio dell’area Ocse con due prof su tre ultra cinquantenni. E si darebbe l’opportunità di un lavoro stabile a dei giovani meritevoli che nel 70% dei casi oggi sono senza lavoro, almeno nella scuola, visto che non hanno alle spalle nemmeno una supplenza breve.
Ma a cosa si deve questa situazione, che dopo quella del 2013, per la seconda estate consecutiva potrebbe far sfumare l’immissione in ruolo a diverse migliaia di vincitori di concorso? I motivi vanno rintracciati nella politica al risparmio ad oltranza adottata dagli ultimi governi. Non è stato da meno quello di Mario Monti, che per selezionare11.542 docenti a fronte degli oltre 300 mila candidati, ha pensato bene di incaricare dei commissari concedendo loro dei compensi a dir poco irrisori: un ‘gettone’ di 50 centesimi lordi a compito corretto, più un forfait di circa 200 euro. Una cifra che in molti casi non è bastata a coprire nemmeno gli spostamenti per raggiungere la sede scolastica dal proprio domicilio. Il tutto (ovviamente!), senza nemmeno aver diritto all’esonero dall’insegnamento.
È significativo quanto ha dichiarato Claudio Bacaloni, vicedirettore dell’Ambito territoriale di Firenze, a ‘La Repubblica’: “dopo essere riusciti con fatica a trovare 200 commissari, a metà percorso c’è stata la fuga. Moltissimi membri via via hanno dato forfait, abbiamo dovuto trovarne di nuovi. E nessuno voleva fare chilometri per due spiccioli”.
Il risultato è che migliaia di vincitori di concorso, dopo aver superato una dura selezione – composta dalla prova preselettiva, tre verifiche scritte e due colloqui orali – non solo rischiano di rimanere senza lavoro per il secondo anno consecutivo, ma potrebbero addirittura veder sfumare la loro assunzione in ruolo: la normativa sui concorsi pubblici prevede, infatti, che con l’espletarsi del successivo bando decadano automaticamente i vincitori del precedente. Ciò significa che se, come annunciato in più di un’occasione dei vertici dell’amministrazione scolastica, nel 2015 dovesse essere bandito un nuovo ‘concorsone’, magari con delle procedure meno lunghe, i vincitori scalzeranno quelli che stanno ancora in attesa. Lasciando tutti i candidati idonei ma non assunti, in attesa che si liberino i posti, oppure quelli che attendono ancora le graduatorie, con il classico pugno di mosche in mano. Addirittura, secondo quanto prevede erroneamente il Miur, non avrebbero nemmeno il diritto di inserirsi nelle GaE.
“È davvero avvilente tornare a commentare un concorso kafkiano, quello per docenti, bandito dopo oltre dieci anni dal precedente che continua a lasciare i vincitori per strada”, commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. “Dopo gli errori di calcolo e di programmazione, delle norme che fanno decadere gli idonei, delle riforme Gelmini e Fornero che hanno ridotto cattedre, tempo scuola e turn over, ci mancava la politica al risparmio dei governanti di turno: non bisogna essere dei geni per capire che assegnare dei compensi bassi ai commissari avrebbe comportato disinteresse e rinunce ad oltranza. Trasformando un’attesissima selezione per diventare insegnanti della scuola pubblica nel più classico concorso all’italiana, dove il merito e i sacrifici dei partecipanti – conclude Pacifico – vengono sepolti dalla burocrazia più inetta”.
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