Nel corso di una intervista a Famiglia Cristiana, la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, ha fatto sapere che, essendo la disoccupazione giovanile in Italia a livelli inaccettabili, il tema del prossimo congresso della Cisl sarà dedicato proprio ai giovani.
“Se aggiungiamo i due milioni di giovani che non lavorano e non studiano e pensiamo che un quinto dei ragazzi italiani non finisce il percorso scolastico si capisce tutta l’urgenza della questione, che va posta come priorità assoluta del Paese. Non è solo un problema del governo ma anche delle parti sociali: dei sindacati, delle imprese e direi dell’intero Paese. La disoccupazione giovanile è un’emergenza nazionale. Il costo per lo Stato per formare gli italiani che sono emigrati dal 2008 al 2014 è stato di 23 miliardi di euro. Sono soldi regalati ad altre nazioni. Prendiamo i medici: nel 2009 erano poco meno di 400, nel 2014 se ne sono andati in 2.363. Una perdita enorme in termini di assistenza medica e ricerca scientifica”.
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“Ma per debellare la disoccupazione giovanile- ha detto la Furlan nel corso dell’intervista- non basta cambiare i voucher: servono soprattutto politiche attive, a cominciare dall’alternanza scuola-lavoro, l’anticamera di una carriera lavorativa, proprio come avviene in Germania. Non basta affidare a scuole e imprese l’alternanza scuola-lavoro, ci vuole una rete territoriale in grado di mettere insieme le esigenze delle une e delle altre, altrimenti la faccenda in molti casi si risolve in un computer in classe o in laboratorio con il quale fare delle simulazioni. Gli studenti devono entrare nelle imprese con incentivi seri, cominciare a guadagnare qualche soldo, come avviene per i tirocini e l’apprendistato”.
“E serve un piano globale di investimenti dedicato ai giovani – spiega in conclusione Furlan -. Purtroppo la politica italiana è giovanilista solo a parole. Trovo insopportabile che sul tema ci sia molta speculazione e poca voglia di agire. A cominciare dalle pensioni. Rendere gratuiti i ricongiungimenti, vista la precarietà dei giovani che saltano da un’azienda all’altra, soprattutto all’inizio della loro carriera, è stato molto utile, ma non basta. Oltre alle politiche attive bisognerebbe ad esempio rivedere i metodi di calcolo contributivo delle pensioni previsti dalla legge Fornero. Tenendo conto che l’occupazione non aumenterà mai in maniera sostanziale se non aumentiamo la produttività del Paese. E il tema della crescita economica si lega agli investimenti, alla politica fiscale (bisogna azzerare le tasse per chi assume neolaureati) e al rilancio delle imprese, dando più peso alla contrattazione aziendale e a un confronto continuo tra le parti sociali”.
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