Il Consiglio di Stato avrebbe ribaltato “il concetto di priorità nell’assegnazione del contributo” dello Stato alle scuole paritarie: profit o no profit è la stessa cosa.
A sostenerlo è Luigi Sepiacci, presidente dell’Associazione Nazionale degli Istituti Non Statali di Educazione e di Istruzione (Aninsei), che il 30 gennaio nel commentare la sentenza 292/2016 ha affermato che d’ora in poi i fondi destinati alle scuole paritarie vanno considerati sullo stesso piano: sia se vanno agli istituti senza scopo di lucro, sia se si indirizzano a quelli con scopo di lucro.
Secondo il presidente Aninsei, la sentenza 292/16 è “destinata a fare storia nel campo dell’Istruzione” poiché “la Sesta Sezione del Consiglio di Stato dà definitivamente ragione all’ Aninsei e torto al Miur, perché riconosce pari dignità e la stessa tipologia di trattamento nell’accesso ai contributi pubblici, e ai relativi sussidi, sia agli Enti No Profit e sia a chi svolge un’attività imprenditoriale”.
Con questa decisione, “i Supremi Giudici Amministrativi hanno annullato, perché ritenuto illegittimo, l’art. 4 del d.m. n. 46 del 2013 sui criteri di riparto dei fondi, nella parte in cui identifica le scuole paritarie che svolgono il servizio scolastico senza fini di lucro, quali destinatari in via prioritaria rispetto alle altre scuole paritarie, dei fondi pubblici”.
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“La nostra tesi – sottolinea Sepiacci – è stata accolta pianamente: scuole paritarie senza fini di lucro non sono quelle gestite da soggetti giuridici senza fini di lucro, secondo il criterio soggettivo, ma sono quelle che svolgono il servizio scolastico senza fini di lucro realmente, ovvero senza corrispettivo, vale a dire a titolo gratuito, o dietro il versamento di un corrispettivo solo simbolico, per l’attività didattica prestata. Tale comunque da coprire solo una minima parte del costo effettivo del servizio”.
Per il presidente di Aninsei, dunque, “le scuole gestite da enti senza scopo di lucro e gli enti con scopo di lucro sono da equiparare nella concessione di contributi diretti o indiretti, quando richiedono alle famiglie degli studenti i corrispettivi per le prestazioni didattiche svolte”.
Ne consegue che “in assenza della condizione, da valutare in termini rigorosamente oggettivi, della gratuità o della quasi gratuità del servizio, il vantaggio selettivo e cioè i contributi e le esenzioni concessi solo ad alcuni Enti operanti nel settore (gli enti senza fini di lucro) costituisce “aiuto di Stato”, e si incorre perciò nel divieto e nel regime di illegittimità sancito più volte in sede comunitaria dalla Commissione Europea e, nelle sue pronunce, dalla Corte di Giustizia Europea”, conclude Sepiacci.
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