Ormai non c’è dubbio: il contratto sulla mobilità del 2016 sarà ricordato come il “contratto dei misteri”.
Fin dalle prime battute l’intera vicenda è stata avvolta da qualche ombra più o meno intensa.
La trattativa, per esempio, si è protratta molto più a lungo del solito ed è apparsa subito “curiosa” la soluzione di derogare a norme non secondarie contenute nella legge 107.
Deroghe concordate fra le parti con il beneplacito della stessa Stefania Giannini che – evidentemente – non si è accorta che, accettando le deroghe, ha consolidato la posizione di coloro che sostengono che la legge 107 è piena di falle.
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Senza parlare delle notizie contraddittorie degli ultimi giorni, tanto che ancora adesso – a poche ore dalla convocazione dei sindacati da parte del Ministero – non è affatto chiara la posizione degli organi di controllo (Dipartimento Funzione Pubblica e Ragioneria generale dello Stato) nè si sa di preciso cosa accadrà nel corso della riunione prevista per la mattinata del giorno 8 aprile.
Ma il mistero più complicato riguarda secondo noi le voci relative ad una presunta (o reale, non lo sappiamo) opera di mediazione che sarebbe stata svolta nelle ultime settimane dal sottosegretario Davide Faraone.
Stando a queste voci Faraone avrebbe cercato di “ammorbidire” la posizione di Ragioneria e Funzione Pubblica che in prima battuta avevano manifestato forti perplessità sul testo dell’ipotesi di accordo sottoascritta fra Miur e sindacati.
Se davvero Faraone ha svolto questa funzione di mediatore, è perchè, evidentemente, è convinto che la legge 107 contiene errori o almeno punti deboli.
Ed è questo il mistero più strano: se Faraone è convinto di questo, perchè non è intervenuto quando la legge era in discussione in Parlamento? Perchè a suo tempo non ha “dato una mano” alla minoranza PD che al Senato aveva tentato di far passare qualche modifica proprio sulla questione degli ambiti territoriali e della chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici?
Ecco, se c’è un mistero è proprio questa conversione tardiva di Faraone.
Sempre che di conversione si tratti e non di un molto più banale calcolo politico legato alla situazione del momento.
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