L’Italia sembra abituarsi quasi 40 mila nuovi contagi e ad oltre 500 morti al giorno: è accaduto anche sabato 14 novembre, nel giorno dell’annuncio del lockdown totale da parte della vicina Austria dove il Covid si allarga a macchia d’olio più che negli altri paesi europei.
“Nessuno di noi lo vuole ma è l’unico mezzo che funziona”, ha allargato le braccia il cancelliere Sebastian Kurz, dopo due settimane di lockdown ‘morbido’, ovvero un “coprifuoco” notturno.
Martedì 17 novembre scatterà in Austria il divieto di uscire a qualsiasi ora: asili, scuole e negozi resteranno chiusi per quasi tre settimane, fino al 6 dicembre.
Ma l’Austria non è l’unica a stringere le disposizioni contro il Covid-19: i decessi, del resto, hanno superato quota 1,3 milioni.
In Grecia, ad esempio, il sistema sanitario nazionale è giunto quasi alla saturazione: nidi e scuole sinora lasciate aperte, infanzia e primaria, dovranno chiudere i battenti, dopo che le secondarie erano già praticavano la DaD.
“La chiusura delle scuole elementari è stata l’ultima cosa che volevamo fare. Questa è una misura della gravità della situazione”, ha detto il ministro della Salute di Atene Vassilis Kikilias.
Anche il Regno Unito – che nelle ultime ventiquattr’ore ha fatto contare 462 decessi legati al Covid e 26.860 nuovi positivi – il lockdown sembra inevitabile: il governo britannico ha già detto che se nei prossimi 15 giorni l’andamento rimarrà questo, dal 2 dicembre si chiuderà tutto.
In Francia il governo ha chiuso già i locali e dal 1° dicembre, vietando pure tutti i tipi di raduni e anche le messe: con la fine del lockdown, soltanto i negozi considerati “non essenziali” potranno tornare ad aprire, ma non i bar e i ristoranti.
E in Italia? La tendenza non sembra andare verso il meglio. Perché dopo l’incremento delle regioni considerate “rosse” (Campania e Toscana) e altre tre “arancioni” (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Marche), sale anche il numero di alunni che lasceranno la scuola in presenza per quella a distanza: un tutto, ormai sono la metà di tutti gli alunni iscritti ad un corso scolastico.
Solo in Toscana a zona rossa, da lunedì 16 novembre ben 65 mila ragazzi di seconda e terza media si aggiungeranno agli oltre 168.000 studenti toscani delle scuole superiori.
In Campania, dove i numeri degli iscritti sono quasi il doppio della Toscana, la DaD è già scattata per tutte le scuole dal 16 ottobre: paradossalmente, nel giorno di collocazione tra le regioni più a rischio contagio, l’unità di crisi della Campania ha invece stabilito che dal 24 novembre riprenderanno in presenza le scuole dell’infanzia e delle prime classi della primaria, previa effettuazione di screening su base volontaria sul personale docente e non docente e sugli alunni.
Questa è la situazione delle altre regioni: in Lombardia, Piemonte, Campania, Valle d’Aosta, Bolzano Toscana, scuola in presenza solo fino alla prima media.
A Reggio Calabria il sindaco Giuseppe Falcomatà ha emanato un’ordinanza con la quale si dispone la sospensione delle attività didattiche in presenza in tutte le scuole di ogni ordine e grado con esclusione delle scuole dell’infanzia e degli asili nido da lunedì 16 al 28 novembre. In serata, la giunta regionale della Calabria ha di fatto superato questa decisione emanando una ordinanza con la quale sospende tutte le attività nelle scuole di ogni ordine e grado, con ricorso alla didattica a distanza, dal 16 al 28 novembre.
Dalla Puglia, invece, l’Anp regionale ha chiesto formalmente il ritiro dell’ordinanza regionale regionale, firmata dal governatore Michele Emiliano, che ha permesso ai genitori di scegliere tra Dad e didattica in presenza per gli alunni di primaria e medie.
Il leader dei presidi Anp Puglia, Roberto Romito, ha anche messo a confronto l’ordinanza del governatore pugliese con quella della Regione Umbria (regione arancione come la Puglia) che ha disposto invece la didattica a distanza in tutte le scuole secondarie di primo e secondo grado statali e paritarie.
Il Comitato “Priorità alla scuola”, intanto, ha deciso di riproporre a Milano una lezione all’aperto, sulla scia delle due studentesse che si sono piazzate davanti la loro scuola media di Torino.
“Saremo nei quartieri e nei parchi come ogni domenica pomeriggio – ha detto all’Ansa Chiara Ponzini, mamma e tra le promotrici del Comitato – fino a che le scuole di ogni ordine e grado non saranno tornate in presenza e in sicurezza, fino a che non avremo una città in cui non si metta in lockdown l’essenziale”.
“Capisco la voglia di tornare in classe di tutti quei ragazzi e ragazze che ieri hanno deciso di manifestare, dando vita al movimento #SchoolsForFuture e altre iniziative analoghe. A loro dico che stiamo lavorando per questo. Lavoriamo per evitare che siano gli studenti a pagare conseguenze troppo alte a causa di questa emergenza. Possiamo farcela, collaborando fra Istituzioni”, ha replicato la ministra Lucia Azzolina.
La titolare del MI ha citato il ripensamento del sindaco di Palermo (“con il dialogo e il reciproco impegno abbiamo evitato la chiusura delle scuole. Questo è fare politica” e “avere senso dello Stato e pensare al bene dei nostri ragazzi”) e il Comitato tecnico scientifico ricordando che per gli adolescenti e le fasce più deboli della popolazione una chiusura prolungata delle scuole rischia di avere conseguenze psicologiche molto serie.
Nel frattempo, proseguono gli Stati generali del Movimento 5 Stelle: in attesa dell’intervento del premier Giuseppe Conte, previsto per il pomeriggio di domenica 15, i “grillini” hanno trattato la differenziazione dei ruoli fra iscritti e attivisti, il modello di governance da adottare, fino ai temi legati all’agenda politica: in questi rientra la conferma e il miglioramento del reddito di cittadinanza e l’incremento degli investimenti sulla scuola pubblica.
In seno al movimento, tuttavia, sembrano sempre più delinearsi due correnti, una delle quali capitanata da Alessandro Di Battista: i motivi e le possibilità di scissione, quindi, rimangono intatti.
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