Non si conclude mai la querelle sull’esposizione del Crocefisso in classe. Anche questa faccenda è diventata una questione di principio piuttosto che un approccio di sensibile fede religiosa, lasciata alla coscienza di ciascuno e all’autonoma gestione della scuola senza imposizioni o obblighi.
E così è arrivata l’ultima sentenza delle sezioni unite civili della Corte di Cassazione che ha indicato il solo possibile percorso e cioè dell'”accomodamento ragionevole”, del confronto, della “ricerca, insieme, di una soluzione mite, intermedia, capace di soddisfare le diverse posizioni”, senza neppure escludere, in caso di richiesta, la possibilità di esporre simboli di altre religioni.
Soddisfazione dell’Uaar per l’accoglimento “del ricorso da lei patrocinato e che ha finalmente sancito la non compatibilità del crocifisso con lo stato laico”.
Le sezioni unite civili scrivono infatti che “l’esposizione autoritativa del crocifisso nelle aule scolastiche non è compatibile con il principio supremo di laicità dello Stato. L’obbligo di esporre il crocifisso è espressione di una scelta confessionale. La religione cattolica costituiva un fattore di unità della nazione per il fascismo; ma nella democrazia costituzionale l’identificazione dello Stato con una religione non è più consentita”.
Dunque aveva torto (siamo negli anni 2008 e 2009) il dirigente scolastico di un istituto professione di Terni il quale, aderendo alla decisione presa a maggioranza dall’assemblea degli studenti di una terza classe, aveva ordinato l’esposizione del crocifisso in quell’aula scolastica senza cercare un “ragionevole accomodamento” con la posizione manifestata da un professore dissenziente che, durante le sue lezioni, rimuoveva sistematicamente la croce, reclamando il rispetto della propria libertà di insegnamento e di religione.
E infatti, Franco Coppoli, il protagonista di questa annosa vicenda, ha a sua volta commentato: “Una sentenza importante che finalmente annulla la sanzione disciplinare e definisce illegittimi l’ordine di servizio e la circolare del dirigente scolastico che imponevano il crocefisso in classe. Una lunga battaglia civile – in cui l’Uaar è stata fondamentale e che ringrazio insieme agli avvocati – che ha portato di un passo avanti la laicità dello stato e la libertà di coscienza nel nostro paese“.
In definitiva, la circolare del dirigente scolastico era illegittima perché “ordinava” l’esposizione del crocifisso senza percorrere la strada del confronto e della mediazione, con la conseguenza che parte della sanzione disciplinare che era stata inflitta al docente dissenziente è stata invalidata.
Per il segretario nazionale Uaar Roberto Grendene “oggi sono stati sconfessati (è proprio il caso di dirlo) sia il Consiglio di Stato sia i politici che pretendono di imporre unilateralmente un simbolo confessionale nella scuola di tutti”.
Nelle motivazioni della sentenza, le sezioni unite civili della Cassazione hanno fatto riferimento ai principi di uguaglianza dei cittadini, di libertà di religione e di laicità dello Stato, hanno ripercorso le diverse pronunce in materia di esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici, fino alla pronuncia del 2011 della Grande Camera della Corte europea per i diritti dell’uomo, che, accogliendo un ricorso dell’Italia, l’ha ritenuta legittima, ribaltando una sentenza di segno opposto della stessa Corte europea. Hanno, inoltre, ricordato, come l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, non avendo il Parlamento approvato una legge, sia tuttora prevista da un regio decreto del 1924, ma non è più un atto dovuto, non essendo consentito dalla Costituzione imporne la presenza.
Il non-obbligo, tuttavia, non si traduce in un divieto di esposizione del crocifisso: esso, pertanto, può legittimamente essere esposta “allorquando la comunità scolastica valuti e decida in autonomia di esporlo, nel rispetto e nella salvaguardia delle convinzioni di tutti, affiancando al crocifisso, in caso di richiesta, gli altri simboli delle fedi religiose presenti all’interno della stessa comunità scolastica e ricercando un ‘ragionevole accomodamento’ che consente di favorire la convivenza delle pluralità”.
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