Il tema della valutazione ha assunto una riconoscibile centralità nel dibattito pubblico sulla scuola. Il concetto del valutare però non è auto-evidente: è stratificato, con molteplici implicazioni. Non si tratta solo di ragionare sulla valutazione degli apprendimenti, che è pure un problema cruciale, ma di collocarne la giusta lettura nel quadro della valutazione di sistema. Una tendenza profonda negli ultimi vent’anni è stata quella di costruire modelli complessi di autonomia, controllo e trasparenza, dotando le strutture pubbliche di leader capaci di adottare tecniche di management adeguate al contesto. Si tratta di una svolta che ha toccato a fondo anche la specificità e autonomia delle istituzioni educative. Incrociando letteratura scientifica e dispositivi normativi, nel suo ultimo saggio Carlo Scognamiglio (Il culto della quantità. Cultura e sub-cultura della valutazione nei sistemi educativi, STAMEN 2024) prova a riflettere criticamente sugli effetti che la capillare azione di verifica e controllo di sistema ha prodotto nel corpus ancora molto tradizionale dei sistemi educativi nel nostro paese. Vengono qui chiariti sia lo sfondo teorico alla base del mito della quantificazione, sia la sua traduzione istituzionale.
Ne emerge un affresco lucido che spinge a guardare in maniera inedita al vissuto concreto delle pratiche valutative nelle classi scolastiche, svelando un paradosso cui qualsiasi soggetto interessato alla sfera educativa dovrebbe prestare la massima attenzione: le linee teoriche per la valutazione e la certificazione della qualità, nella loro preoccupazione comparativa, finiscono per rilevare per lo più delle quantità, dimenticando la cifra plurale e irriducibile del “qualitativo”.
Scognamiglio in questo libro prova dunque a tenere insieme, entro un unico orizzonte analitico, la legittima esigenza di monitoraggio e controllo del sistema scolastico – quale contropartita inevitabile del processo di autonomizzazione delle istituzioni educative – con la ricaduta empirica, nel vissuto quotidiano di docenti e studenti, di un’eccessiva attenzione alla valutazione quantitativamente espressa. Evitando in modo ponderato ogni possibile polarizzazione tra la fede nell’oggettività del dato quantitativo e l’atteggiamento fobico nei confronti del numero, l’autore propone una lettura equilibrata di un fenomeno di difficile comprensione, mettendo sul tavolo tutti gli elementi – di sistema e di vita concreta – che ne arricchiscono la complessità.
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